giugno 7, 2022

L’oca selvatica Cracking Art: tra carattere ludico e aspirazione sacrale.

L’oca è oggi uno degli animali domestici più amati per l’aspetto bonario e l’indole mite, ma non tutti sanno che anche la sua controparte selvatica ha ricoperto un ruolo cardinale nella tradizione di numerose civiltà, presso le quali la sua figura ha assunto persino connotazioni mitiche.

Per secoli venerata come simbolo di vita, rinascita e fertilità. Vigilante per gli uomini, messaggera degli Dèi. Gli antichi egizi tramandano che fu un’oca a generare l’uovo cosmico che diede vita al dio Sole Ra, padre del creato.

Anche i greci ne avevano un’alta considerazione e, dai racconti mitologici, si apprende che il dio dell’amore Eros utilizzava un’oca volante come mezzo di trasporto prediletto.

Nell’antica Roma le oche, sacre alla dea Giunone, vivevano libere sul Campidoglio e furono proprio loro, secondo la leggenda, a segnalare ai Romani l’imminente attacco dell’esercito Gallico che assediava la città. Una storia dai contorni tanto epici da far ingelosire persino la lupa.

Per la popolazione celtica il palmipede svolgeva il ruolo di messaggero dell’aldilà e in molteplici racconti popolari veniva spesso associato alla figura della fata, un essere magico e ancestrale dalla femminilità archetipa, il cui ruolo era quello di vigilare sui viandanti, accompagnandoli nel loro cammino.

Ed è tra la sua aspirazione sacrale e l’attributo ludico, che si colloca l’oca selvatica di Cracking Art, guardiana indomita e silenziosa, eletta a sentinella della cultura e dell’ambiente che si impegna a custodire con la stessa devozione con cui cova le sue uova.

Come dimostrato dall’etologo Konrad Lorenz, le piccole oche appena nate, grazie al fenomeno dell’ “imprinting”, imparano a seguire il primo essere vivente che vedono. Allo stesso modo, le oche cracking, innescano un imprinting funzionale all’arte per tutti coloro che visitano le installazioni in cui sono presenti, restituendo allo spazio un’energia vibrante.

Melissa Camilli

aprile 21, 2022

Cracking Art lancia una nuova linea di opere in Carbonio Riciclato

Lo stretto legame tra sperimentazione e sostenibilità che da sempre accompagna la filosofia Cracking Art, richiama oggi a un impegno ancora più intenso.

L’esigenza di lavorare minimizzando gli sprechi, di ridurre l’impatto ambientale seguendo le logiche dell’Economia Circolare, un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile, ha spinto il collettivo artistico verso l’utilizzo della seconda vita di alcuni materiali ad alta prestazione.

Il messaggio di Cracking Art si fa oggi ancora più forte e vede il lancio di una nuova collezione di opere a tiratura limitata in Carbonio Riciclato.

PLASTICA E CARBONIO: UN’ORIGINE COMUNE

Proprio come la Plastica, anche il Carbonio vede la sua origine dal petrolio. L’acrilonitrile è infatti una sostanza chimica prodotta attraverso un processo complesso, a base di petrolio, su scala industriale.

Le fibre sintetiche sono ottenute da composti chimici di sintesi derivanti dal carbone e dal petrolio e ridotti in filamenti di varie lunghezze.

Tra le caratteristiche della fibra di carbonio spiccano l’elevata resistenza meccanica, la leggerezza, la capacità di isolamento termico, la resistenza a variazioni di temperatura e all’effetto di agenti chimici.

IL CARBONIO RICICLATO E LE OPERE CRACKING ART

Il processo di realizzazione delle opere in fibra di carbonio riciclato è particolarmente complesso, sia in termini di utilizzo di materiale sia in termini di competenze; viene infatti effettuato da personale specializzato che segue il processo in toto, dalla realizzazione dei componenti, alle operazioni di recupero delle fibre e, insieme alla collaborazione degli artisti Cracking, lavora alla creazione di Opere d’arte a tiratura limitata.

DAL CRACKING CATALITICO ALLA ROTTURA FISICA

Il termine Cracking Art deriva dal verbo inglese “to crack” e descrive l’atto di incrinarsi, rompersi, cedere, crollare. Con il nome di cracking catalitico è anche chiamata la reazione chimica che trasforma il petrolio grezzo in plastica: per gli artisti è questo il momento in cui il naturale permuta in artificiale, l’organico si trasforma in sintetico, ed è tale processo che essi intendono rappresentare attraverso la loro arte.

Qui ogni scultura è assolutamente unica e speciale perché nasce invece da una rottura fisica, dal pezzo di un’auto da rally, o dall’albero di una barca a vela da competizione, per citare qualche esempio.

Ogni pezzo viene realizzato manualmente, supervisionato in ogni fase e personalizzato in modo esclusivo. A partire dal materiale di provenienza e dallo spirito artistico che interviene di volta in volta, si assiste alla nascita di un Prometeo moderno che, attraverso la propria unicità, si fa veicolo di un messaggio potente.

IL PINGUINO, LA PRIMA OPERA

La prima opera è il Pinguino, scelta per il suo forte simbolismo: è infatti un animale sociale la cui sopravvivenza è legata al problema del riscaldamento globale e del conseguente scioglimento dei ghiacci.

Nonostante sia un animale molto amato, è costantemente messo in pericolo dal progresso che se da un lato porta benessere all’uomo, dall’altro lo toglie al Pianeta.

Il pinguino ci ricorda poi il fondamentale impegno alla riduzione delle emissioni di Co2 in un momento storico in cui i mutamenti del clima portano al repentino aumento delle temperature.

Il materiale che lo compone proviene da una vettura Porsche, prototipo da gara.

Il Pinguino è un’opera unica in carbonio riciclato, realizzata in 8 esemplari numerati e firmati.

49 x 48 x 120 cm
19,2 x 18,8 x 47,2 in

LA MACCHINA

Questa vettura ha una storia densa di eventi ed emozioni.

Nata come vettura sportiva stradale nel 1999 è stata acquisita dall’ Ing. Sergio Durante dopo alcuni anni di vita nel traffico, per essere trasformata in vettura da gara per rally su ghiaccio e gare in salita.

La carrozzeria originale è stata ricostruita completamente in fibra di carbonio per ridurre drasticamente il peso, essenziale nelle gare sul ghiaccio, il motore potenziato e tutte le parti interne modificate per la sicurezza dei piloti. La vettura si è distinta con risultati di estremo pregio. Ha partecipato a gare di durata come la Ronde Hinvernale e la 12h in Francia su circuiti famosi come Serre Chevalier, vincendo eventi, e ha brillato nella Ice Series sulle Alpi Italiane e Austriache. Durante la stagione estiva ha vinto per ben tre volte consecutive la famosa prova del campionato Europeo della Montagna della Cesana Sestriere.

I pezzi più stressati, come i paraurti e l’alettone posteriore sono stati disassemblati e sottoposti al processo di recupero delle fibre di carbonio, per poi essere riutilizzati nella realizzazione di un animale iconico come il pinguino Cracking Art.

febbraio 10, 2017

CRACKING ART: OLTRE LE LACRIME DI COCCODRILLO

di Melissa Camilli

 

2007. Orio Center. Uno dei centri commerciali più grandi d’Europa.
L’edificio accende le luci, i dipendenti entrano al lavoro e gradualmente lo spazio si anima di gente.
Persone che pensano di essere visitatori pronti allo shopping, di colpo si ritrovano spettatori di un’invasione artistica.
Eppure a sembrare lì per caso paiono proprio loro, e non i 700 animali di plastica colorata che hanno colonizzato l’ambiente, diventandone parte integrante.
L’arte fiorisce dunque là dove si pensa ancora oggi non possa nemmeno mettere radici, ovvero in uno spazio saturo di economia, piegato all’utilitarismo commerciale, riappacificandosi con esso.
Ed è proprio in tale occasione che vediamo nascere il coccodrillo Cracking Art.
La scelta di questo animale si lega in primis alla presa di coscienza del fatto che viviamo in un mondo in continuo mutamento, in cui aderiamo  entusiasti al vortice del progresso, senza però comprenderlo davvero e finiamo spesso col diventare passivi, subire l’evoluzione senza realizzare dove ci sta portando realmente.
Teniamo quindi sempre un occhio rivolto al passato, e mentre abbracciamo l’avanzata della modernità non smettiamo di versare lacrime di coccodrillo per ciò che ci lasciamo alle spalle.
Tuttavia alzano comunque il muso orgogliosi gli esemplari realizzati per l’occasione, 300 tra quelli appesi alla facciata e quelli disseminati all’interno, di dimensioni notevoli, quasi spiazzanti: sono infatti alti 79 cm, larghi 201 cm e raggiungono i 521 cm di lunghezza.
Nel nostro immaginario si tratta di un animale pericoloso, da cui dobbiamo tenerci lontani.
Ci appare come forte e affascinante, ma anche aggressivo e per la paura ci precludiamo la possibilità di conoscerlo, tanto che ancora, come siamo abituati ingenuamente a cantare, non sappiamo neppure “come fa”!  [1]
In questo senso il coccodrillo assomiglia molto all’arte contemporanea, che ai nostri occhi risulta quasi sempre maestosa e imponente, arroccata nelle sue pretese concettuali e da cui per questo non facciamo altro che scappare, con la paura di venire attaccati qualora provassimo ad avvinarci per conoscerla.
È proprio questo timore che la Cracking Art, con le sue installazioni, vuole allontanare.
Accarezzare l’animale immortalato nella plastica, potergli camminare accanto in uno dei luoghi più familiari della nostra quotidianità, ce lo rende quasi amico, un complice, così come noi lo diventiamo di un atto unico e irripetibile di cui contribuiamo a costruire il senso.
Non dobbiamo essere come Capitan Uncino, sempre pronti a far la guerra al coccodrillo, ma più come Peter Pan, che nella sua purezza di eterno bambino dà anche a lui una possibilità e fiducioso delle sue capacità, non esita a comunicare con lui.
Inoltre, diretto discendente dei dinosauri, arrivando dalla preistoria, questo rettile rappresenta il nostro legame originario con l’arte, per cui essa proviene da tutto quello che ci circonda ed è diretta a tutti, immediata e riconoscibile.
Questo messaggio ha viaggiato assieme a lui negli anni, da Piazza della Scala a Milano, dove viene appeso fuori dall’ufficio dell’allora assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, al Canal Grande di Venezia durante la Biennale del 2007 fino ad approdare oltre oceano, negli Stati Uniti, dove il suo cammino continua.
L’avanzata è solo agli inizi.

 

 

[1] Citazione dalla celebre canzone popolare dello Zecchino D’oro

 

 

gennaio 9, 2017

Perché guardiamo gli animali?

a cura di John Berger

Ogni tanto qualche istituzione – per lo più americana – mi invita a parlare di estetica. In una sola occasione ho preso in considerazione la possibilità di accettare e ho pensato di portare con me un uccello di legno bianco. Ma non ci sono andato. Il problema è che non si può parlare di estetica senza parlare del principio di speranza e dell’esistenza del male. Durante i lunghi inverni, in certe zone dell’Alta Savoia, i contadini avevano l’abitudine di fabbricare uccelli di legno da appendere nelle loro cucine e forse anche nelle loro cappelle. Alcuni amici che amano viaggiare mi hanno detto di aver visto uccelli simili, costruiti in base al medesimo principio, in certe regioni della Cecoslovacchia, della Russia e dei Paesi Baltici. Non è escluso che la tradizione sia più diffusa.

La costruzione di questi uccelli si basa su un principio abbastanza semplice, anche se per fabbricare un uccello di buona qualità ci vuole una notevole perizia. Si prendono due listelli di legno di pino, della lunghezza di circa quindici centimetri, un po’ meno di due e mezzo d’altezza e altrettanto di larghezza. Li si mette a mollo nell’acqua in modo che il legno raggiunga un massimo di flessibilità, poi li si intaglia. Un pezzo costituirà la testa e il corpo con una coda a ventaglio, il secondo pezzo rappresenterà le ali.

L’arte riguarda principalmente la fattura delle piume delle ali e della coda. L’intero blocco di ciascuna ala è intagliato come se si scolpisse la sagoma di un’unica piuma. Poi il blocco viene tagliato in tredici strati sottili che vengono aperti con delicatezza, uno a uno, a ventaglio. Identica cosa si fa con la seconda ala e con le piume della coda. I due pezzi di legno sono uniti insieme a formare una croce e l’uccello e finito. Non si usa colla e c’è un solo chiodo nel punto in cui i due pezzi di legno si intersecano. Molto leggeri, sei o settecento grammi al massimo, gli uccelli vengono di solito appesi con un filo alla mensola sporgente di un camino o a una trave, in modo che possano muoversi con le correnti d’aria.

Sarebbe assurdo paragonarli a un autoritratto di van Gogh o a una crocifissione di Rembrandt. Sono oggetti semplici, artigianali, realizzati secondo uno schema tradizionale. Eppure, proprio grazie alla loro semplicità, ci consentono di classificare le qualità che li rendono gradevoli e misteriosi agli occhi di chiunque li veda.

In primo luogo siamo di fronte a una rappresentazione figurativa: si guarda un uccello, più precisamente una colomba, che sembra sospeso a mezz’aria. C’è dunque un riferimento al mondo della natura circostante. In secondo luogo, la scelta del soggetto (un uccello in volo) e il contesto in cui è collocato (al chiuso, dove gli uccelli in carne e ossa sono improbabili) fa sì che l’oggetto sia simbolico. Tale simbolismo primario si unisce poi a un più generale simbolismo culturale. Agli uccelli, e alle colombe in particolare, sono stati attribuiti significati simbolici in una varietà molto ampia di culture.

In terzo luogo, il rispetto per il materiale usato è evidente. Il legno è stato sagomato tenendo conto delle sue caratteristiche di leggerezza, malleabilità e consistenza. Guardandolo, si è stupiti dalla facilità con cui il legno si trasforma in uccello. In quarto luogo, siamo al cospetto di un’unità e di un’economia formali. Nonostante l’apparente complessità dell’oggetto, la grammatica della sua fattura è semplice, addirittura austera. La sua ricchezza è il risultato di ripetizioni che sono anche variazioni. In quinto luogo, questo oggetto creato dall’uomo suscita una specie di stupore: come diavolo è stato fatto? Ho già fornito qualche indicazione schematica, ma chiunque non abbia familiarità con la tecnica vuol prendere in mano la colomba ed esaminarla da vicino per scoprire il segreto che si cela dietro la sua fabbricazione.

Quando non sono differenziate e vengono percepite come un insieme, queste cinque qualità provocano per lo meno la sensazione momentanea di essere di fronte a un mistero. Stiamo osservando un pezzo di legno che è diventato un uccello. Stiamo osservando un uccello che in qualche modo è più di un uccello. Stiamo osservando qualcosa che è stato lavorato con un’abilità misteriosa e una forma di amore.

Finora ho cercato di isolare le qualità dell’uccello bianco che suscitano un’emozione estetica. (La parola «emozione», pur denotando un moto del cuore e dell’immaginazione, è un po’ depistante, perché stiamo analizzando un’emozione che ha poco a che fare con le altre emozioni da noi vissute, in particolare perché qui il sé è a un livello di sospensione molto superiore.) Tuttavia le mie definizioni scongiurano la questione essenziale. Riducono l’estetica all’arte. Non dicono nulla del rapporto tra l’arte e la natura, tra l’arte e il mondo.

Anche davanti a una montagna, a un deserto appena dopo il tramonto, o a un albero da frutta, si può provare un’emozione estetica. Di conseguenza siamo costretti a ricominciare: stavolta non con un oggetto creato dall’uomo, ma con la natura in cui siamo nati. La vita urbana ha sempre avuto la tendenza a produrre una visione sentimentale della natura, considerata alla stregua di un giardino, una veduta inquadrata da una finestra, o un’arena di libertà. Contadini, marinai, nomadi sanno come stanno le cose. La natura è energia e lotta. È ciò che esiste senza promettere nulla. Se può essere vista come un’arena o uno scenario, deve essere vista come un territorio che si presta tanto al male quanto al bene. La sua energia è spaventosamente indifferente. La prima necessità della vita è un riparo. Un riparo contro la natura. La prima preghiera è una richiesta di protezione. Il primo segno di vita è il dolore. Se la Creazione è stata intenzionale, la sua è una finalità nascosta che può essere scoperta solo attraverso segni intangibili, mai grazie all’evidenza di ciò che avviene.

È in questo desolato contesto naturale che incontriamo la bellezza, e l’incontro è per sua natura improvviso e imprevedibile. La burrasca si estingue da sé, il colore del mare passa dal grigio merda al blu acquamarina. Sotto il masso trascinato dalla valanga cresce un fiore. Sopra la baraccopoli sorge la luna. Propongo esempi drammatici per insistere sulla desolazione del contesto. Riflettete su altri esempi di tutti i giorni. Comunque la si incontri, la bellezza è sempre un’eccezione, sempre a dispetto di. È questo che ci commuove. Si può sostenere che l’origine del nostro modo di commuoverci davanti alla bellezza naturale sia stata funzionale.

I fiori sono una promessa di fertilità, un tramonto ci ricorda il fuoco e il calore, il chiaro di luna rende meno oscura la notte, i colori vivaci del piumaggio di un uccello sono (atavicamente perfino per noi) uno stimolo sessuale. Credo tuttavia che un ragionamento simile sia troppo riduttivo. La neve è inutile. Una farfalla ci offre ben poco.

Ovviamente la gamma di ciò che una data comunità trova bello in natura dipenderà dai suoi mezzi di sussistenza, dalla sua economia, dalla sua geografia. Quel che gli eschimesi trovano bello probabilmente non lo è per gli astanti. Le moderne società divise in classi sono regolate da complesse determinazioni ideologiche: sappiamo, per esempio, che nel XVII secolo la classe dirigente britannica non amava la vista del mare. Parimenti, il possibile uso sociale di un’emozione estetica muta a seconda del momento storico: il profilo di una montagna può rappresentare la dimora dei morti o una sfida per l’iniziativa dei vivi. Antropologia, studio comparativo delle religioni, economia politica e marxismo lo hanno chiarito una volta per tutte. Eppure sembrano esserci alcune costanti che tutte le culture hanno trovato «belle»: certi fiori, alberi, forme di roccia, uccelli, animali, la luna, l’acqua che scorre…

Siamo costretti a prendere atto di una coincidenza o forse di una congruenza. La coincidenza di evoluzione delle forme naturali e della percezione umana ha finito per produrre il fenomeno di un potenziale riconoscimento: ciò che è e ciò che riusciamo a vedere (e, vedendo, a sentire) a volte si incontrano in un punto di affermazione.

Questo punto, questa coincidenza, è bifronte: quel che è stato visto viene riconosciuto e affermato e, al contempo, chi vede è affermato da quel che vede. Per un breve istante ci troviamo – senza pretese da creatori – nella posizione di Dio nel primo capitolo della Genesi… «e vide che ciò era cosa buona». L’emozione estetica davanti alla natura deriva, io credo, da questa duplice affermazione.

Noi però non viviamo nel primo capitolo della Genesi. Viviamo – se si segue la sequenza biblica degli eventi – dopo la Caduta. In ogni caso, viviamo in un mondo di sofferenza in cui il male dilaga, un mondo le cui vicende non confermano il nostro Essere, un mondo al quale bisogna resistere. È in questa situazione che il momento estetico dà speranza. Il fatto che troviamo bello un cristallo o un papavero significa che siamo meno soli, che siamo più intimamente inseriti nell’esistenza di quanto il corso di una singola vita ci porterebbe a credere. Provo a descrivere con il massimo di accuratezza possibile l’esperienza in questione; il mio punto di partenza è fenomenologico, non deduttivo; la sua forma, percepita in quanto tale, diventa un messaggio che riceviamo ma non siamo in grado di tradurre poiché, in esso, tutto è istantaneo. Per un attimo, l’energia della nostra percezione diventa inseparabile dall’energia della creazione.

L’emozione estetica che proviamo di fronte a un oggetto creato dall’uomo – come per esempio l’uccello bianco da cui sono partito – è un derivato dell’emozione che proviamo di fronte alla natura. L’uccello bianco è un tentativo di tradurre un messaggio ricevuto da un uccello reale.

Tutti i linguaggi dell’arte si sono sviluppati per tentare di trasformare l’istantaneo in permanente. L’arte presuppone che la bellezza non sia un’eccezione – che non sia a dispetto di –, ma sia la base di un ordine.

Diversi anni fa, riflettendo sull’aspetto storico dell’arte, ho scritto che giudicavo un’opera in base alla sua maggiore o minore capacità di aiutare gli uomini del mondo moderno a rivendicare i loro diritti sociali. Continuo a pensarla allo stesso modo. L’aspetto trascendentale dell’arte solleva invece la questione del diritto ontologico dell’uomo. L’idea che l’arte sia lo specchio della natura è attraente solo in periodi di scetticismo. L’arte non imita la natura, imita una creazione, a volte per proporre un mondo alternativo, a volte semplicemente per amplificare, confermare, rendere sociale la fugace speranza offerta dalla natura.

L’arte è una risposta organizzata a ciò che la natura ci permette di intravedere di tanto in tanto. L’arte vuole che il riconoscimento potenziale diventi incessante. Afferma l’uomo nella speranza di ricevere una risposta più certa… L’aspetto trascendentale dell’arte è sempre una forma di preghiera.

L’uccello di legno bianco è mosso dall’aria calda che sale dalla stufa nella cucina dove i vicini sono raccolti attorno a un tavolo a bere. Fuori, a 25 gradi sotto zero, gli uccelli veri stanno morendo assiderati!

dicembre 31, 2016

Storia di un orso che nell’arte ritrovò la libertà

Maggio 2006. Bruno, un giovane esemplare di plantigrado, un cucciolo di due anni nato nel Parco dell’ Adamello in Trentino, si spinge oltre i confini italiani dirigendosi verso Austria e Germania. Nel suo vagabondare di un mese in Baviera e nel vicino Tirolo, Bruno non attacca l’uomo ma non si fa mancare niente, creando problemi soprattutto agli allevatori locali. Pecore, polli, conigli. Si avvicina senza alcun timore alle abitazioni.

Diversi i tentativi di catturarlo. Due settimane di inseguimenti infruttuosi. Gli esperti si trovano d’accordo sul fatto che un orso senza più timore di arrivare vicino ai centri abitati, è un pericolo per gli esseri umani. Poi, la decisione di abbatterlo.

Bruno apparteneva a una specie che in Germania mancava da oltre 170 anni e faceva parte di un ambizioso progetto italiano per la reintroduzione dell’orso bruno nelle Alpi centrali. La tragica conclusione dell’avvenimento animò un acceso dibattito e costituì per Cracking Art un nuovo spunto di riflessione. Di qui la nascita dell’orso, una delle opere d’arte che fanno parte dello zoo di animali giganti del movimento.

Nella poetica di Cracking Art l’orso è infatti un animale che esprime familiarità e affinità nei confronti dell’uomo e allo stesso tempo estraneità e opposizione. È una creatura selvaggia e feroce ma è anche associabile alla dimensione ludica, all’idea di protezione e alla tenerezza.

Pensiamo a Teddy Bear, l’iconico orsacchiotto di pezza che da sempre viene messo nelle culle dei bambini. Ma pensiamo anche alle favole: dalle storie più antiche di Esopo e di Fedro, ai più moderni cartoni animati di Winny the Poo o di Hanna-Barbera, passando attraverso le fiabe dei paesi nordici come la storia russa di Masha e Orso, fino ad arrivare al Baloo di Kipling e ai tre orsi di Riccioli d’oro nella favola di Robert Southey.

Questa doppiezza dell’animale, amato e respinto dall’uomo, si presta bene a rappresentare uno degli assunti centrali nella filosofia Cracking Art: il divario che separa Natura da Artificio, Ambiente da Uomo, Conservazione da Progresso.

Attraverso invasioni urbane come quella di esordio a Treviso nel 2006 o l’installazione a Orio Center nel 2008, l’orso si fa metafora della convivenza con le persone.  Un inno alla libertà in cui anche Bruno – se vogliamo – può finalmente entrare in contatto con gli esseri umani richiamando la parte più selvaggia di ciascuno di noi, nel tentativo di colmare le distanze che ci separano dalla natura stessa.

dicembre 16, 2016

Question Time

Intervista a cura di Roberta Mais su Oubliettemagazine

R.M.: Il Movimento Cracking Art nasce nel 1993 e come dice il nome la vostra è un’arte di rottura. Rottura in che senso? Da cosa o chi volete distaccarvi?

Cracking Art: Il significato principale è il riferimento ad un procedimento industriale termo-chimico di scissione delle molecole. In specifico quella della rottura delle catene molecolari del petrolio, che all’interno del reattore del cracking catalitico trasforma il prodotto organico naturale di milioni di anni di vissuto del pianeta in una sostanza artificiale inorganica. Da questa procedura di sintesi derivano tantissimi prodotti che caratterizzano la nostra contemporaneità: prodotti chimici, benzine, prodotti farmaceutici e anche la plastica. Non si può, a nostro avviso, trovare rappresentazione migliore del detto “rompere con il passato”. Il principio fondamentale del nostro lavoro tratta l’indagine di questo passaggio tra natura e artificio. Poi ci sono altre cose che abbiamo voluto rompere: l’idea individualistica dell’artista e del suo ego. Con il lavoro di gruppo abbiamo deciso di sottolineare l’importanza della collaborazione. Abbiamo cercato di non farci influenzare dalle dinamiche richieste dal sistema per affermarci come artisti: strade, piazze, negozi e centri commerciali oltre che musei e gallerie. Abbiamo tentato di rompere il pregiudizio che spesso separa l’Arte dalla società, di superare la diffidenza che talvolta si instaura tra chi produce e chi si confronta con le opere.

R.M.: Il vostro gruppo è composto da sei membri proveniente dall’Italia e da altri Paesi europei: come vi siete incontrati e com’è nato il vostro intento comune di associare l’arte all’impegno sociale ed ambientale?

Cracking Art: C’è un luogo di partenza, che è Biella, città di nascita o di residenza di 4 dei 6 membri del gruppo. L’incontro è nato dal comune interesse per l’Arte e dalla originaria convinzione dell’importanza di un lavoro collettivo per dare forza e impulso al lavoro. Scegliendo come nostro medium un materiale così controverso come la plastica, ci siamo fin da subito impegnati ad affiancare alla nostra ricerca originaria anche un messaggio chiaro di attenzione all’uso e al recupero di un prodotto potenzialmente dannoso se non correttamente riutilizzato. Anche le opere utilizzate nelle nostre stesse installazioni, una volta terminate, vengono recuperate e riciclate per fare altre opere. Una sorta di vita che si rinnova e rigenera.

R.M.: I vostri animali stanno girando l’intero mondo e per alcuni mesi oltre settemila vostre creazioni sono state ospiti, per la seconda volta, all’interno del Centro Commerciale Orio Center di Bergamo e nel mese di settembre siete entrati nel Guinness World Record. Cosa significa ciò per voi?

Cracking Art: Un termine che caratterizza le nostre installazioni è “invasione”. Noi vogliamo realizzare invasioni, ludiche e pacifiche, per rappresentare la moltiplicazione di immagini, prodotti, informazioni, connessioni che caratterizzano il nostro mondo. Realizzare molte installazioni e in diverse parti del mondo per noi è parte fondante della nostra estetica e del nostro progetto comunicativo. Arrivare addirittura ad entrare nel Guinness significa che ciò che realizziamo riesce a raggiungere un pubblico vasto, un pubblico non esclusivamente interessato all’Arte. Ne siamo fieri.

R.M.: Qual è il messaggio che vorreste venisse recepito da parte di chi si trova, volontariamente o meno, ad ammirare le vostre opere?

Cracking Art: Innanzitutto speriamo che la presenza delle nostre opere susciti un’emozione, meglio se positiva. Vogliamo realizzare delle fiabe metropolitane di cui sentirsi protagonisti. E spesso succede. L’interazione delle persone con le nostre installazioni è costante in tutti i luoghi in cui le eseguiamo. Ci auguriamo che questi incontri servano da stimolo creativo ma anche da spunto di riflessione su ciò che si sta osservando.

R.M.: Vi è una delle vostre creazioni alla quale tenete in modo particolare?

Cracking Art: Due in modo particolare. La Tartaruga, con la quale abbiamo realizzato l’installazione alla Biennale di Venezia del 2001, la nostra prima Biennale. E poi più di recente la Chiocciola, con la quale abbiamo davvero fatto il giro del mondo come era nel nostro intento fin dalla sua prima apparizione a Milano nel 2009. Due animali “lenti”, che si muovono portando con se la propria casa. Possiamo sicuramente affermare che entrambe i gusci ci hanno accompagnato e protetto.

R.M.: Sono passati 21 anni dalla nascita del Movimento Cracking Art: ritenete di aver raggiunto gli obiettivi che vi eravate prefissati inizialmente?

Cracking Art: Credo di poter dire che siamo andati anche molto oltre quelle che erano le aspettative iniziali. Un riscontro così importante non era nemmeno lontanamente prevedibile, anche se sentivamo forti le motivazioni che ci muovevano. Nel 1993 non esisteva Internet ne tantomeno l’Internet 2.0. Lo sviluppo social della rete ha molto favorito lo sviluppo e la divulgazione della nostra arte, che spesso chiamiamo Social Artworks.

R.M.: Cosa vedete nel futuro del vostro movimento?

Cracking Art: Il futuro è legato allo sviluppo del progetto “L’Arte rigenera l’Arte” che intende stringere in un rapporto di collaborazione artisti, industria e società in un percorso che includa una piccola percentuale di Arte in ogni azione che si compie. Il tutto finalizzato sia al rigeneramento dell’Arte del passato, sia alla generazione di nuova arte. È oramai nostra prassi consolidata unire la presenza delle nostre installazioni al restauro di un’opera o monumento del passato. Duomo di Milano e Portico di San Luca a Bologna per fare due esempi. A Riga l’installazione voleva favorire la creazione del primo Museo di Arte Contemporanea della Lettonia. Un progetto che ci è di grande stimolo per ampliare i nostri ambiti di intervento creativo.

R.M.: Grazie per la vostra gentilezza e grazie soprattutto per ciò che riuscite a realizzare con la vostra splendida Arte.

dicembre 2, 2016

Cracking Art

a cura di Patrick Alton

Un confronto immediato con la rappresentazione della vita stessa attraverso sculture altamente emblematiche, simbolo del “reale” e accessibili a tutti: Cracking Art.

Arte! E il termine si insinua…

E l’opera d’arte?

L’artista fa arte? E il poeta poesia? Qual è il suo scopo ultimo?

Domande inevitabili di fronte a un simile gesto dell’uomo, frutto di reattività alle esperienze del proprio vissuto e tale da destare sempre grande interesse, soprattutto quando chi lo compie si esprime mediante quella “sfera artistica” che la nostra civiltà si è abituata a circoscrivere.

In mezzo a tanti dibattiti e dissertazioni autorevoli sulla funzione, sulla natura o sulla necessità dell’arte, risulta oggi più che mai complicato farsi un’idea precisa sul fenomeno in questione, così come capire in che modo e a quale scopo l’atto artistico possa essere contestualizzato dopo anni di trasformazioni e di indagini sul pensiero umano e sulla percezione del reale.

Cosa è in grado di darci l’artista di diverso rispetto alle altre rappresentazioni umane, al di là di un’esperienza scientifica?

Uno spiraglio verso l’ignoto?

Delle affermazioni che sono al limite di un’esperienza mistica?

Degli stimoli ad intraprendere nuovi percorsi di senso e abbracciare nuove scale valoriali che siano diverse da quelle proposte dalla società e dall’uomo?

Un diverso approccio alla sfera del “sensibile”?

E l’opera d’arte?

Ed ecco che in questo spazio preciso troviamo la suprema investitura dell’artista alla predisposizione all’ascolto e alla percezione sensoriale e intellettiva nel senso globale del termine.

Cracking Art. Un’esperienza straordinaria grazie all’impatto fortemente simbolico e allo stesso tempo ludico che queste creazioni sono in grado di esercitare sull’ambiente. Un riappropriarsi spontaneo, istintivo e sensibile, della nostra condizione umana e del concetto di “saper-vivere-insieme”.

Forse un tentativo di re-investirci e rimetterci in gioco, nello spazio e nel tempo, partendo dall’ottica della condivisione con altre specie viventi per riappropriarci in ultima istanza el mistero della vita?

Le opere della Cracking Art, ben lontane dalla mera riproduzione dell’identico, del “riconoscibile”, incarnano lo spirito di una coscienza imbevuta di questa fraterna condivisione, una realtà all’interno della quale lo spazio è concepito simultaneamente come testimone e attore. La scelta stessa di utilizzare della plastica riciclabile come materiale di realizzazione sembra indurre nell’osservatore una riflessione sul significato dell’esistenza comprensivo anche e soprattutto delle sue innumerevoli mutazioni e ricomposizioni.

Ecco l’opera d’arte!

L’impatto visivo delle opere Cracking ammicca alle definizioni canoniche di Bello e di trascendenza del reale. Con il loro nome (simbolo di volta in volta di un’intera specie) e la loro dimensione, queste creazioni incarnano la visione dei loro autori collocandosi in uno spazio di ordine poetico, irridendo simpaticamente alla nozione obsoleta di commitment elevato, profondo, futile, frivolo, scherzoso… e via dicendo, così come a quell’ottica miope che le vorrebbe dei semplici strumenti per l’ampliamento del nostro spazio mentale nel rapportarci alla natura e alla ricerca di un senso.

La Cracking Art ci mostra l’umiltà di restare sensibili, vulnerabili, all’incontro con l’espressione artistica colta nella sua essenza più vera, incontro durante il quale ognuno di noi, grazie a questo contatto grandioso e multisfaccettato, può recuperare nel modo più naturale possibile il proprio spazio di interazione tra reale e simbolico.

Ecco lo scopo ultimo, nonché il gesto più nobile, dell’arte.

novembre 25, 2016

La macchina dell’arte

“L’arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi”

Prendendo spunto da questa affermazione di Bruno Munari, uno dei massimi esponenti dell’arte, del design e della grafica del XX Secolo, si possono comprendere le affinità che hanno caratterizzato le collaborazioni tra Cracking Art, movimento artistico che crea le proprie opere partendo da tecniche industriali e FIAT, la principale casa automobilistica italiana.

Il primo incontro avvenne nel 2007, anno in cui venne lanciata la nuova Fiat 500 ideata da Roberto Giolito. Nel settembre di quell’anno venne allestita una importante mostra dedicata a Cracking Art presso la Fondazione Mazzotta di Milano, spazio culturale di grande prestigio, dove nel corso degli anni di attività vennero realizzate mostre dei più grandi artisti mondiali: da Goya a Rodin, da Boccioni a Chagall, da De Chirico a Mirò, da Dix a Wharol, da Modigliani a Klee.

La mostra intitolata “Cracking Art – Arte di Rottura” rappresentò un momento di riflessione sulla poetica del gruppo e la sua “arte ironica e dissacratoria”, secondo la definizione del critico Philippe Daverio, che partendo dall’antica materia naturale percorre le sedimentazioni millenarie che hanno generato il petrolio, origine di molte materie plastiche. Proprio grazie all’importanza del luogo e alla originalità dell’arte proposta da Cracking Art, FIAT volle supportare l’avvenimento e inoltre far realizzare al gruppo una versione “animalesca” come suggello alle affinità di tradizione e innovazione che caratterizzavano entrambe.

Un secondo momento di vivace collaborazione si presentò nel 2014, in occasione del Festival Collisioni di Barolo. In linea con il tema “Creature Selvagge” del Festival di quell’anno, le opere di Cracking Art furono posizionate nelle piazze di Collisioni come vere e proprie icone di favole contemporanee. Ad accompagnarle, celebri frasi di scrittori presenti e passati che hanno ragionato su animali e natura animando le pagine della letteratura e del mito: da Romolo e Remo a Mowgli, dal “Buon selvaggio” di Rousseau a Zanna Bianca, fino ad arrivare a Sepulveda.

Durante la rassegna, la partnership Cracking Art-Alfa Romeo venne promossa anche attraverso il contest intitolato “Quante rane entrano in un Alfa Romeo Mito?”. Una autovettura Mito era infatti stata letteralmente invasa da centinaia di rane multicolor e il quesito del concorso era volto a individuare il numero esatto delle rane contenute nell’automobile. L’idea prendeva spunto e rievocava il famoso slogan pubblicitario sulla ironica domanda di quanti elefanti potessero entrare in una 500.

Per concludere, l’ultima iniziativa che ha visto il nome di Cracking Art accanto a quello di Fiat è stata l’installazione del 2014 presso il Castello Sforzesco di Milano. Per l’occasione Cracking Art realizzò un’opera ad hoc, la rondine, animale simbolo per eccellenza di rigenerazione (qui un ulteriore approfondimento sull’opera d’arte in questione). A suggello di questo desiderio di rinascita, anche la Fiat Cinquecento, proprio in quell’anno oggetto di un’operazione di restyling, diventò in queste circostanze parte integrante dell’installazione e dell’opera d’arte, assumendo i connotati di un’incubatrice di uova di plastica.

Infatti, durante l’evento, accanto a uno stormo di rondini giganti venne promossa una raccolta fondi insieme alla Fondazione Italia Nostra intitolata “Deponi un uovo, fai rinascere un monumento”: in cambio di una donazione e della firma di un uovo di plastica, veniva regalata al pubblico una scultura di rondine in piccolo formato.

“L’idea dell’uovo come simbolo di rinascita si perde nella notte dei tempi, in tradizioni remote e superstizioni pagane. Anche se non esiste alcuna operazione matematica da cui si ricavi la formula di questo “ricettacolo di vita”, la nuova istallazione presentata da Cracking Art e Fiat enuclea una vera e propria equazione di Rigeneramento. La somma delle 500 uova con cui è realizzata l’installazione in aggiunta alla Fiat Cinquecento porta ad un totale di 1000, ovvero il numero delle piccole sculture a forma di rondine che sono state messe a disposizione della Fondazione Italia Nostra per promuovere la raccolta fondi destinata al restauro del monumento equestre di Bernabò Visconti. Cracking Art & Fiat si sommano e si adoperano per esprimere una nuova linea di sviluppo in cui arte e industria sono legate indissolubilmente” – Maria Vittoria Baravelli

novembre 19, 2016

RE-production

It would be nice if something made sense for a change – Lewis Carroll, Alice in Wonderland

Nella visione artistica di Cracking Art il coniglio è un animale carico di fascino, da sempre amico e vicino all’uomo. Una creatura densa di significati allegorici, spesso associata nei racconti e nelle fiabe alla dimensione onirica e surreale.

Le origini di quest’opera risalgono al 2008, un anno particolarmente duro non solo per l’Italia ma per il mondo intero, coinvolto in uno dei momenti più critici della sua storia sia dal punto di vista economico che sociale. Queste circostanze poco favorevoli costituirono uno stimolo alla resistenza per il movimento che decise di interpretare il periodo di crisi realizzando una nuova opera d’arte, un animale che potesse essere di buon auspicio per il ritorno di prospettive migliori.

La scelta ricadde sul coniglio, metafora di fertilità e di produttività proprio grazie alla sua straordinaria capacità di riprodursi e di generare molti figli. Non a caso, l’opera venne presentata per la prima volta al pubblico proprio in occasione del XXXVIII Convegno Giovani Imprenditori di Confindustria a Portofino. L’iniziativa, intitolata “RE-production” (titolo emblematico per il movimento grazie al richiamo al termine “recycling”), voleva condurre sotto la stessa insegna l’augurio di nuove prospettive economiche e sociali e l’uso responsabile di rinnovate energie attraverso il riciclaggio delle materie e il rispetto per l’ambiente.

Tuttavia, il coniglio è per il movimento un animale emblematico e ambivalente perché la sua simbologia può possedere anche un risvolto negativo: come la proliferazione della plastica è dannosa per il pianeta, così anche il coniglio può avere una connotazione invasiva. In Australia, ad esempio, i conigli costituiscono quasi un flagello a causa del loro soprannumero: ogni anno si contano milioni di dollari di danni alle coltivazioni dovuti alla devastazione prodotta da questi animali. Del resto anche il progresso e la produttività industriale senza essere supportati dal buon senso e dalla moderazione possono essere dannosi e inquinanti.

Il coniglio è inoltre associato alla dimensione dell’illusione, del magico e della favola. Pensiamo alla celebre storia di Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, e al personaggio del Bianconiglio che offriva la porta per l’accesso a una dimensione metafisica.

I conigli di Cracking Art non sono solo bianchi. Sono gialli, blu, verdi, rosa, fucsia, azzurri: sono di tutti colori. Una sorta di simbolica moltiplicazione per aumentare le possibilità di accesso a una dimensione altra abolendo le frontiere che limitano l’osservazione del reale. Infatti, anche la scelta della posizione dell’animale, con le orecchie dritte e gli occhioni spalancati, indica un atteggiamento di curiosa osservazione del mondo circostante, di attenzione e di ascolto.

Dopo Portofino i conigli sono entrati a pieno diritto nello zoo di animali giganti Cracking Art diventando protagonisti immancabili di numerose installazioni sia in Italia che all’estero. Pensiamo ad esempio a quelle realizzate a Bruxelles e al Museo Kampa di Praga oppure a quelle presso Miami e lo Heydar Aliyev Center di Baku. E pensiamo soprattutto alla gotica Chartres e poi alla romantica Parigi che ha ospitato la bellissima esibizione presso Magasine Printemps realizzata con la collaborazione di Marc Jacobs.

novembre 11, 2016

Regeneration Riga

Art reveals who we are and who we long to be – Erwin McManus

È stata Riga la città designata dall’Unione Europea come Capitale della Cultura nel 2014, anno che ha anche segnato l’ingresso della Lettonia nell’eurozona. Riga, una delle più incantevoli destinazioni bagnate dal Mar Baltico, è stata per l’occasione lo sfondo scenografico di innumerevoli eventi e iniziative che hanno mostrato al mondo il meglio della sua tradizione culturale, artistica e sociale.

Ad accompagnare il lento cambiamento che la capitale si apprestava a compiere come nuova meta europea emergente, 15 chiocciole giganti del movimento Cracking Art che durante il periodo della manifestazione si sono rese portavoce di un messaggio ben preciso: promuovere l’apertura del primo museo di arte contemporanea a Riga.

In un momento in cui la capitale era un crocevia di appassionati di musica, arti figurative, scienza, danza, teatro, cinema e nuove discipline performative, favorire la nascita di un nuovo museo per l’arte contemporanea significava promuovere non solo l’arte lettone ma lo sviluppo di un’educazione artistica per un pubblico nazionale e internazionale, dando all’arte un ruolo fondamentale per l’integrazione culturale a Riga.

Un lento cammino verso un futuro ricco di nuove prospettive che le chiocciole di Cracking Art, simbolo per eccellenza di rigenerazione e rinnovamento, non potevano ignorare. La chiocciola infatti, nata nel 2008 in occasione dell’assegnazione di Expo 2015 a Milano, rappresenta nella filosofia del movimento una guida verso l’evoluzione attraverso l’utilizzo di nuove energie, dal momento che questo animale rilascia una bava in grado di rendere nuovamente fecondo e vitale tutto ciò che viene a contatto con essa.

Ed ecco che allora chiocciole rosse, blu, arancioni, azzurre, gialle e bianche, hanno tracciato un percorso simbolico che partendo dalla New National Library e passando accanto ai caratteristici edifici dell’Art Nouveau District ha toccato i principali punti di interesse (la Piazza del Municipio il Duomo, il Museo dell’Occupazione, per fare qualche esempio) della città inserita fin dal 1997 nella lista “Patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco.

A conclusione dell’iniziativa venne infine realizzato un evento durante il quale una serie di chiocciole furono dipinte da alcuni artisti lettoni di fronte al Museum of the Occupation.  Una iniziativa simbolica per lanciare un messaggio di condivisione e partecipazione di fronte ad un luogo che ricorda l’insensatezza delle divisioni e della repressione.

novembre 4, 2016

La marcia dei pinguini

La storia che vogliamo raccontarvi oggi è quella del pinguino, l’opera Cracking Art che rappresenta uno degli animali in assoluto più amati dall’uomo.

La genesi del pinguino risale al 2005, quando presso il Museo del Territorio Biellese e la Fabbrica Pria di Biella venne realizzata la mostra “Sul filo della Lana” con la curatela di Philippe Daverio. La mostra costituì un’occasione perfetta per realizzare un’opera ad hoc, un animale legato al freddo che avesse potuto simpatizzare con il tema della lana.

La scelta ricadde subito sul pinguino, destinato per circostanze fortuite a essere messo al centro di una grande attenzione mediatica proprio in quegli anni. Oltre al documentario “La marcia dei pinguini” diretto da Luc Jacquet che diventerà un vero e proprio cult in tutto il mondo, il dibattito sul riscaldamento globale e sullo scioglimento dei ghiacci si fece acceso e all’ordine del giorno tra gli ambientalisti. Per la mostra “Sul filo della Lana” Cracking Art immaginò una lunga marcia di pinguini blu che con le loro sciarpe di lana emigrarono dall’Antartide verso Biella, trovando rifugio in queste zone dell’Italia.

Un simbolo ideale per il movimento, non solo per il forte richiamo al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità, ma anche per la natura socievole di questo animale. Il pinguino infatti, con la sua caratteristica andatura un po’ buffa e simpatica, ama stare con i propri simili con cui si ritrova in grandi famiglie per nidificare e riprodursi. È inoltre un animale molto coraggioso e determinato, in grado di compiere grandissimi sforzi per sopravvivere rinnovando la propria esistenza grazie alla capacità di resistere alle condizioni più ostili.

Dopo Biella, diverse furono le installazioni Cracking Art che videro il pinguino tra gli animali protagonisti. Da “Red Pinguin in Venice” sul Canal Grande a Venezia in occasione della Biennale del 2005, a “March of the Yellow Penguins”, l’installazione permanente realizzata in occasione della mostra “RE-evolution” presso il Museo Kampa di Praga nel 2008.

Inoltre, a partire dal 2005, il pinguino è diventato il simbolo per eccellenza dei 21C Museum Hotels in America, dedicati agli artisti del XXI secolo. Qui famiglie di pinguini di colori diversi, dal rosso di Louisville al verde di Betonville, dal fucsia di Durham al blu di Lexington, dal giallo di Cincinnati fino al più recente colore viola di Oklahoma City, sono diventati delle vere e proprie mascotte. Nelle sale dei musei e negli spazi degli hotel ci si può imbattere in questi animaletti, ormai da anni compagni di viaggio e di vita ideali grazie all’empatia immediata che riescono a suscitare.

ottobre 29, 2016

Social Artworks

Cracking Art è arte che guarda alla società puntando a creare un contatto diretto con le persone. Proprio per questo sono state diverse le realtà che quest’anno hanno visto il supporto del movimento a sostegno di iniziative charity.

Durante il mese di settembre Cracking Art ha partecipato all’ottava edizione di amfAR Milano, l’esclusivo evento di gala in cui ospiti italiani e internazionali, personalità di spicco nel panorama dell’imprenditoria, star dello spettacolo e della moda si riuniscono per partecipare all’asta a favore delle ricerche sull’AIDS. Heather Graham, Adriana Lima, Dita Von Teese e Lottie Moss sono solo alcuni dei nomi presenti durante l’evento che ha visto il raggiungimento di un nuovo record: 2 milioni di dollari sono stati raccolti di cui oltre $50.000 provenienti dall’elegante coniglio blu donato da Cracking Art.

AmfAR non è stata l’unica realtà che quest’anno ha visto la presenza attiva di Cracking Art: alla vigilia del Gran Premio F1, il movimento ha partecipato alla Laureus F1 Charity Night, la serata di gala dedicata allo sport e al sociale organizzata da Fondazione Laureus Italia Onlus. Durante l’evento, Christie’s, tra le più prestigiose case d’asta al mondo, ha battuto all’asta pezzi unici e pregiati donati da famosi luxury brand tra cui un lupo del coloratissimo zoo di Cracking Art. L’opera è stata aggiudicata per una somma pari a 3.200 euro, devoluta totalmente alla Fondazione per le sue iniziative a scopo benefico e sociale. Grazie a questo tipo di contributi la Fondazione può supportare, attraverso attività sportive caratterizzate da percorsi educativi, bambini e ragazzi che vivono in condizioni di forte deprivazione.

Lo sport è stato il tema di fondo anche durante TV Sports Awards 2016, l’esclusivo evento organizzato per sostenere le iniziative di Play for Change Foundation in tutto in mondo. Anche in questa occasione Cracking Art ha avuto l’onore di partecipare con la donazione di una sua opera che è stata aggiudicata per una somma pari a 4.000 euro. I fondi devoluti alla Fondazione saranno utilizzati per aiutare i bambini meno fortunati attraverso programmi formativi che promuovono l’utilizzo dello sport come strumento di cambiamento sociale.

Promuovere raccolte fondi a favore di progetti importanti si iscrive perfettamente nel dna del movimento che dal 2012 è impegnato a sostenere iniziative culturali con il progetto “L’Arte Rigenera l’Arte”: un programma di intervento sistematico sul patrimonio artistico e monumentale, fondato sull’idea che l’arte contemporanea può salvare quella antica attraverso azioni concrete.

Le installazioni Cracking Art sono infatti spesso affiancate alla donazione di mini sculture attraverso le quali si promuovono raccolte fondi Il cui ricavato viene interamente devoluto a favore della valorizzazione del patrimonio artistico nazionale come quelle realizzate quest’anno a Ravenna per la digitalizzazione dei testi danteschi di inizio ‘900, a Calais per il restauro e il mantenimento della chiesa Notre-Dame de Calais, alla Reggia di Caserta per la ristrutturazione delle fontane del parco.

Supportando attività come quelle di amfAR, Laureus Italia e Play for Change, Cracking Art non solo si fa portavoce di un messaggio di rinascita per il contesto urbano e per la memoria storica ma si affianca a progetti umanitari di grande valore internazionale.

ottobre 22, 2016

Cracking Art

A cura di Damien Sausset

A cosa serve l’arte ? Cos’ altro può aggiungere a questa forma di apatia costante e di rassegnazione più o meno euforica che ci viene presentata come progresso della civilizzazione? E’ ancora in grado di lottare contro le forme più grossolane e ciniche di potere e contro l’ arrendevolezza del mondo nei confronti delle leggi spietate di mercato? Sono interrogativi centrali, essenziali. Interrogativi dalle cui risposte dipende non solo il nostro avvenire, ma anche la nostra capacità di resistere e di reinventarci.

Eppure, i segnali più sconcertanti dell’aggravarsi delle cose sono tutti là fuori. Per convincercene basta gettare uno sguardo a quell’atmosfera di disincanto e di profonda malinconia di cui è imbevuto il mondo odierno e di cui il cinema e i media si servono maliziosamente da tempo. Il reale sembra sfuggire, o più precisamente, dissolversi. Perde qualsiasi consistenza di fronte al potere di queste forme simboliche (e di questi esseri) che si presentano al mondo sotto forma di simulacri da divorare avidamente.

L’arte sarebbe quindi morta, ridotta ad essere una merce al pari di tutte le altre, con la sua economia, le sue reti e i suoi mercati, diversi sì, nelle sembianze, da quelli di un aspirapolvere o di una macchina, ma identici nella struttura. Eppure, nonostante il crescente dilagare di incredulità nei confronti di un quotidiano sempre più artificiale, c’è chi osa ancora pensare che l’arte sia quell’atto incomprensibile in grado di opporsi ad ogni razionalità: è questa la linea di pensiero adottata dal movimento Cracking Art.

Fondato a Biella nel 1993, il gruppo elabora, a partire da questa visione del mondo, alcuni spunti molto interessanti.

Tutti i suoi membri rifiutano l’accezione che la cultura e l’arte possano avere oggi la stessa valenza cognitiva di un sondaggio d’opinioni e che sappiano incarnare l’immagine di un popolo preposta al suo stesso riconoscimento. E più quest’immagine si rivela ricca, copiosa, diversificata fino a provocare smarrimento e saziante fino alla nausea, più diventa difficile, per la politica, trovare delle buone ragioni per agire sulla società.

Di fronte a tutto questo, la Cracking Art oppone una forma personale di resistenza. Alla base del movimento risiede infatti il rifiuto categorico della nozione di “autore”, principio cardine, sebbene già ampiamente superato, della società consumistica. E’ quindi in gruppo, vissuto anche come maschera simbolica, che questi artisti avanzano e conquistano margini di mondo. I loro nomi (è bene ricordarli) sono : Alex Angi, Kicco, Marco Veronese, William Sweetlove, Renzo Nucara e Carlo Rizzetti.

Il concetto stesso di gruppo è parte integrante del movimento e viene concepito come unione produttiva di comptetenze eterogenee, simultaneamente all’opera per la creazione di un intervento diretto o di un’ esposizione. Le opere nascono quindi dal dialogo, dal confronto, dal fiorire comune di molteplici idee e dal loro successivo aggiustarsi agli imprevisti delle dinamiche esterne .

Come definire l’arte Cracking ? Come ogni movimento artistico pienamente consapevole degli abbagli (e sbagli) del passato, il gruppo è stato in grado di recuperare brillantemente alcune concezioni riattualizzandole radicalmente. E’ così possibile rinvenire nelle sue opere un’innegabile parentela con la Pop Art per la stessa capacità di mettere in crisi il sistema iconografico del sistema mediatico e della nostra società. Ma invece di prendere come bersaglio – facile – i prodotti di un’era votata al consumismo (dall’immagine delle stars alla gamma completa delle merci in offerta sul mercato), i Crackings mettono in gioco un esercito di animali colorati, un insieme di figure semplici ma altamente simboliche; allo stesso tempo, hanno ben compreso come il vero artista non possa basarsi sulla filosofia del ready-made, né ricorrere allo stratagemma dell’oggetto di uso comune dislocato dal suo ambiente naturale e insignito dello status di opera d’arte in virtù della mera ricontestualizzazione in un luogo “Altro”.

Le loro creazioni di plastica (i pinguini, i coccodrilli, i suricati) sono multipli, infiniti, alla stessa stregua dei prodotti generati dal mondo. Rifiutano l’unicità, vecchia concezione borghese di derivazione romantica, e si innestano nel nostro universo simbolico come cinica parodia del reale. Sono multipli, dunque molteplici, e come un virus possono arrivare a colpire ogni angolo di mondo, dando così il via alla creazione di nuovi spazi fisici ed immaginari.

Il gruppo quindi, a differenza di molte tendenze contemporanee, non rifiuta il concetto di Dio, ma gli attribuisce piuttosto un valore nuovo, riproponendo l’anatema caro al Secolo dei Lumi con un registro diverso, spettacolare: con la Cracking Art l’ artista cessa di essere Dio nella misura in cui è in grado di ricomporre il mistero. E’ il mistero stesso, uno spazio metafisico all’ interno del quale tutto all’improvviso può prendere forma.

Ammiccando a questa inversione di lettura, i Crackers propongono come nuova materia prima la plastica: derivata dal petrolio, residuo organico fossile, viene plasmata dall’artista per dar vita a nuove forme. La plastica diventa così il simbolo dell’energia del presente veicolando la transizione dalla terra primordiale (quella di ere immemorabili, antecedenti all’Uomo e anche agli dei e terra dotata di memoria organica) al mondo attuale, rappresentato da un istante eternizzato e costellato di indecisioni per un futuro dominato dal potere tecnologico.

Il conflitto tra Natura e Cultura è ricomposto, i due poli, riuniti, diventano eternamente indissociabili.

Si potrebbe a questo punto fare un inventario delle creazioni del Gruppo, vedere quante delle loro opere non avrebbero potuto trovare altro “contesto d’accoglienza” se non quello pubblico, concepito come arena all’interno della quale ci muoviamo tutti e dove prendono forma tutti i conflitti, tra politica e società, tra ordine e disordine, tra le pratiche eterogenee degli individui e la razionalità standardizzata delle imprese, tra il mondo reale e il bisogno individuale di evasione.

Pinguini rossi, coccodrilli verdi, cani gialli.. queste immagini di un bestiario simbolico diventano allora guardiani di una coscienza da risvegliare. Ci ricordano che con il progressivo dissolversi della realtà che ci circonda, l’unica leva che possa avere presa effettiva sull’umanità è quella di tornare a considerare nuovamente l’arte come simbolo di una libertà incondizionata e assoluta perché estranea alle necessità della res publica, alle sue leggi, ai suoi valori e al suo governo.D.SAUSSET

ottobre 15, 2016

L’unione fa la forza

Collaborare significa unire le forze per creare qualcosa di grande e la storia che vogliamo raccontarvi oggi è proprio quella dell’opera Cracking Art che più esprime questo concetto.

Il suricato è nato in un momento delicato nella storia del movimento. L’idea di creare quest’opera prese forma nel 2008 e l’impulso fu l’abbandono di un membro del gruppo originario, che decise di seguire un percorso artistico personale. Realizzare una nuova opera d’arte in un momento di rottura come quello di quegli anni nasceva dall’esigenza di ribadire l’importanza del concetto di gruppo, significava affermare che pur essendo piccoli, lavorando in gruppo e collaborando insieme si poteva andare avanti.

Il suricato, infatti, è un piccolo animale sociale che trasmette l’idea di una grande capacità di collaborazione. Vive in famiglie di 20/30 esemplari e rappresenta una forte capacità di adattamento alle circostanze esterne proprio grazie alla cooperazione con gli altri che gli permette di sopravvivere nelle condizioni più ostili.

Inoltre, il suricato è una creatura molto reattiva, capace di comunicare velocemente e di svolgere una funzione di sentinella all’interno del gruppo, segnalando la presenza di eventuali pericoli. A quest’ultimo aspetto si deve la scelta di rappresentare l’animale eretto, come se fosse a guardia del territorio mentre gli altri sono indaffarati nella caccia. Nelle installazioni Cracking Art, infatti, i suricati sono osservatori  posti in luoghi strategici della città, curiosi osservatori della realtà circostante.

La prima uscita del suricato fu nel 2009 con un’installazione a Sanremo durante il periodo del Festival della Canzone. L’evento era intitolato “Che sa(n)remo” ed era caratterizzato dalla presenza di sei conigli giganti contrapposti a cinquanta piccoli suricati. L’idea era quella di esprimere l’incertezza in cui versa il futuro del progresso umano, conteso tra poche grandi super potenze e piccole realtà coese.

In seguito sono state moltissime le iniziative che hanno visto i suricati tra gli animali protagonisti: le installazioni in Francia a Chartres, a Le Mans e a Calais per citarne alcune, oppure le esibizioni per le vie del centro storico di Siena o ai meravigliosi giardini di Valsanzibio. Spesso alcuni di questi animali sono stati incaricati di portare dei messaggi attraverso l’uso di cartelli. È il caso degli ironici “Save the plastic” dell’installazione a Tortona nel 2011: un invito a non disperdere la plastica ma a riciclarla dandole vita nuova. Anche a Bangkok, in seguito al primo attentato subito dalla nazione nel 2015, fu significativa l’installazione di suricati che portavano messaggi di forza e di coesione sociale per creare un mondo migliore in cui vivere.

Perché in fondo il vero senso della collaborazione è questo: condividere l’azione del creare. E condividere la creatività fa parte della natura stessa di Cracking Art.

ottobre 8, 2016

Rigenerare è un’arte

Sostenibilità e rispetto nei confronti dell’ambiente hanno animato il movimento Cracking Art sin dagli esordi.

La questione si era posta in sede preliminare, al momento della scelta del materiale da utilizzare per la creazione delle opere. La plastica è uno dei materiali che più caratterizzano la contemporaneità, usata per la produzione di migliaia di prodotti, arrivando addirittura ad entrare nel corpo umano sotto forma di protesi o come base per la nanomedicina.

E’ allo stesso tempo una delle sostanze che più inquinano il pianeta, potenzialmente dannosa non solo per l’uomo ma anche per l’intero ecosistema, se non correttamente raccolta e smaltita.

Proprio per questo, il proposito è stato fin da subito quello di accompagnare le installazioni a un messaggio di recupero delle materie e al desiderio di valorizzare la plastica come sostanza che attraverso l’arte può essere riutilizzata e avere così nuova vita.

Non è un caso che la prima installazione urbana realizzata da Cracking Art sia stata quella del dicembre 1996, quando mille delfini d’oro furono sospesi in aria tra gli Arengari di Palazzo Reale a Milano: un’operazione che è stata resa possibile grazie alla collaborazione con il Consorzio Replastic, nato proprio in quel periodo con lo scopo di sensibilizzare su questa materia.

Successivamente, tante altre iniziative hanno visto Cracking Art collaborare con enti a protezione della natura. E le opere stesse sono nate da questa idea di rispetto dell’ambiente.

Il delfino, con il suo forte significato ecologico, è stato il primo animale creato dagli artisti. Questo mammifero, pur essendo tra le creature in assoluto più amate dall’uomo, è messo costantemente in pericolo dal problema della dispersione della plastica nel mare.

Anche la tartaruga, da sempre vittima dell’inquinamento, è uno degli animali cari a Cracking Art. Come non ricordare l’invasione nei giardini della Biennale di 500 tartarughe d’oro? L’intervento del 2001 serviva per lanciare un messaggio all’interno dell’esibizione intitolata, appunto, SOS WORLD, uno dei momenti più importanti per la storia del movimento.

Un altro animale con un forte richiamo ai temi del rispetto dell’ambiente è il pinguino perché la sua sopravvivenza è legata al problema del riscaldamento globale e del conseguente scioglimento dei ghiacci. La sua vita è messa in pericolo dal progresso che da un lato porta benessere all’uomo e dall’altro lo toglie al pianeta.

L’idea di Cracking Art è stata dunque quella di utilizzare gli animali per porre l’attenzione su un tema che ventitré anni fa non era così diffuso. Una vera innovazione per quel periodo.

Col tempo la coscienza popolare è cambiata, c’è più sensibilità nei confronti di questi temi e Cracking Art ha deciso di aprirsi anche ad altre tematiche pur tenendo sempre un occhio di riguardo per l’ecologia e l’ambiente.

Per questo Cracking Art crea le sue opere affinché queste possano essere recuperate, tritate e riciclate per produrre altre opere. Un vero e proprio ciclo della vita per affermare che anche in arte come in natura nulla si crea e nulla si distrugge. Ma tutto si trasforma. E rinasce opera d’arte.

ottobre 1, 2016

Canis Lupus

I lupi delle favole sono spesso descritti come cattivi, ma la storia che vi raccontiamo oggi è quella di un lupo buono, nato per essere messo a guardia di un luogo particolare.

Le origini del lupo di Cracking Art sono infatti legate a Ca’ del Bosco, una delle più moderne e avanzate cantine d’Italia, leader nella produzione di Franciacorta. Un luogo circondato da un’aura magica perché qui la natura si fonde con la provocazione intellettuale dell’arte: sculture sorprendenti pervadono gli spazi interni ed esterni della tenuta, collocate in posizioni simboliche e legate a momenti particolari dell’azienda.

La passione per l’arte ha spinto il proprietario della casa vinicola, Maurizio Zanella, a richiedere a Cracking Art la realizzazione di un’opera dedicata a questo spazio, un animale del bosco che potesse essere un attento guardiano delle vigne e del loro straordinario scenario. Il nome dell’azienda, Ca’ del Bosco, ha subito suggerito a Cracking Art l’idea del lupo, direttamente associabile alla storia di Cappuccetto Rosso e più in generale alla dimensione fiabesca e favolistica.

Inoltre questo animale, oltre a essere una creatura carica di fascino, fonte di ispirazione per i racconti di Esopo, di Fedro, dei Fratelli Grimm fino ad arrivare ad Herman Hesse, si presta ad esprimere l’idea di protezione e di responsabilità. Il lupo, predatore temuto ma anche antenato del cane e quindi amico distante dell’uomo, rappresenta una figura di tramite tra la natura incontaminata e la dimensione domestica, tra la natura e l’artificio; tema, quest’ultimo, di fondamentale importanza per il nostro movimento.

E così dal 2010 un branco di 99 lupi azzurri, fiero ed elegante, si trova sul tetto della cantina di Erbusco ad accogliere tutti gli ospiti che qui si recano in visita. Un simbolo che è diventato anche garanzia della qualità del prodotto e dell’eccellenza italiana. Da questo punto di vista, emblematiche sono state le installazioni prima ai Bastioni di Porta Venezia di Milano in occasione di Expo 2015 e poi alla Collezione Branca, presso lo storico stabilimento delle Distillerie, da oltre 170 anni simbolo dell’eccellenza del Made in Italy nel mondo.

Il taglio dell’occhio, la profondità dello sguardo, il profilo solenne e ieratico del lupo sono ispirati alla simbologia egizia e in particolare al Dio Anubi, divinità canide e antico guardiano posto al passaggio tra la vita e la morte. Si tratta di un ulteriore aspetto che rende questo animale una delle opere più misteriose ed emblematiche di Cracking Art, metafora del passaggio organico-inorganico che caratterizza il processo del cracking catalitico da cui deriva il nome del movimento.

Il lupo è infine individuo e animale sociale. Da un lato comunica l’idea del branco, dell’agire insieme per il bene comune: i lupi cacciano, allevano la prole e difendono il territorio in maniera integrata e coordinata. Allo stesso tempo questo animale è connesso all’immagine romantica e letteraria della solitudine e dunque della solidità e della forza individuale. Questo carattere ambivalente allude perfettamente alla stessa natura di Cracking Art e dei suoi artisti, abituati a lavorare insieme e allo stesso tempo lupi solitari che esprimono la propria creatività anche in modo indipendente.

settembre 24, 2016

Voler bene alla terra

È un incontro tra due chiocciole quello tra Slow Food e Cracking Art per Terra Madre Salone del Gusto 2016, il più importante evento internazionale dedicato alla cultura del cibo. Due chiocciole che oltre all’aspetto condividono valori importanti come l’attenzione per l’ambiente e l’armonia con la natura, e che insieme promuovono un modello di semplicità fondato sulla qualità della vita, quella vita troppo spesso scandita da ritmi frenetici e alienanti.

L’iniziativa, organizzata con la partecipazione della Regione Piemonte e del Comune di Torino e, tra i molti, anche con la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT che nello specifico ha supportato la nostra installazione, punta ad avvicinare il grande pubblico alle tematiche legate all’alimentazione e alla sostenibilità. Al centro della manifestazione di quest’anno c’è un tema che riguarda tutti noi: voler bene alla terra, prendersene cura custodendo il pianeta in cui viviamo.

Non è casuale la scelta della chiocciola che, nata in occasione di Expo 2015, è l’opera Cracking Art più rappresentativa del legame con la terra e con le sue ricchezze. Infatti, oltre a muoversi a stretto contatto col terreno, questo animale rilascia una bava in grado di rendere nuovamente fecondo e vitale tutto ciò che viene a contatto con essa. Per questo motivo, nella filosofia Cracking Art, la chiocciola è simbolo di Rigenerazione e rappresenta una guida verso l’evoluzione attraverso l’utilizzo di nuove energie.

Partendo dal centro di Milano nel 2009, le chiocciole hanno compiuto un lungo viaggio che passando per luoghi come Istanbul, Miami, Sydney, Riga, New York, le ha portate pochi giorni fa fin sotto la Mole Antonelliana. Per la prima volta infatti, il Salone del Gusto diventa un’occasione per scoprire in modo inedito il fascino della capitale piemontese. Quest’anno, per festeggiare il suo ventesimo compleanno, la manifestazione non si tiene all’interno di un polo fieristico ma coinvolge l’intera cittadinanza: un’occasione perfetta per chiamare a raccolta le opere Cracking, pensate per installazioni urbane che coinvolgono attivamente il pubblico.

Dal blu al fucsia, dal giallo al verde, dal rosso al bianco, le nostre chiocciole grandi e piccine portano un’ondata di gioiosa partecipazione nei posti più caratteristici del centro: luoghi dove si è svolta gran parte della storia di Torino come Palazzo Reale, Piazza Castello, il Parco del Valentino, il Teatro Carignano, per l’occasione saranno più simili a campi grandissimi e colorati pronti ad accogliere fino al 26 di settembre questa straordinaria iniziativa.

settembre 17, 2016

Il folle volo di una rondine

Ne l’ora che comincia i tristi lai

la rondinella presso a la mattina,

forse a memoria de’ suo’ primi guai

È il cinguettio di una rondine che anticipa il sogno di Dante nel IX canto del Purgatorio. Una visione che coglie il poeta in prossimità dell’alba, quando le prime luci imbiancano il cielo e quando si dice che i sogni siano più prossimi alla realtà.

Questo è l’espediente letterario che ha ispirato la scelta di posare tre rondini nel giardino della Biblioteca Alfredo Oriani di Ravenna. Tre come il numero prediletto dal poeta, le rondini come figure allegoriche attraverso le quali qualcosa di astratto viene espresso con un’immagine concreta. Perché se per Dante la parola poetica cala la realtà in una dimensione metaforica, per Cracking Art l’arte porta la metafora nella vita di tutti i giorni.

Domani, nella città che ha visto Dante Alighieri trascorrere gli ultimi anni della sua vita, verrà inaugurato Id_Dante, un progetto ambizioso sulla figura del Sommo Poeta, ideato da Marco Miccoli e curato di Maria Vittoria Baravelli.

Il progetto – che culminerà nel 2021 – si apre con la mostra “Il Volto di Dante, per una traduzione contemporanea”. Dal 18 settembre al 23 ottobre, mese in cui l’intera città ricorda il poeta, l’esibizione sarà visitabile presso Casa Oriani con l’obiettivo di rilanciare una nuova iconografia del padre della letteratura italiana attraverso una kermesse di opere d’arte contemporanea.

Dante, Genio assoluto e profondo conoscitore dell’animo umano, sarà fonte d’ispirazione per un’operazione straordinaria volta a conferire nuova identità fisionomica e intellettuale al poeta.

Lo schema perfetto della Commedia sarà riproposto attraverso l’esposizione di 33 opere + 1 che, attraverso l’utilizzo delle tecniche più disparate, riproporranno il plurilinguismo dantesco in chiave moderna: dalla grafica al fumetto, dal mosaico all’uso del Technogel, dal pane fino alla Tape Art.

Tra loro saranno presenti anche le creazioni di quattro artisti del nostro collettivo che daranno un’interpretazione contemporanea al volto di Dante, ognuno secondo la propria sensibilità e le proprie tecniche. L’espressione individuale del singolo artista non è infatti limitata dalla dimensione corale di Cracking Art che invece, come movimento, parteciperà con uno dei suoi animali più significativi.

Le rondini, non a caso collocate in prossimità della tomba di Dante Alighieri, rappresentano un invito alla riflessione e all’intraprendenza poetica affinché possano sempre ispirare le nuove generazioni. Inoltre, proprio la rondine, simbolo di rinascita e rigenerazione, verrà investita per l’occasione di un compito molto importante. Presso il Caffè Letterario di Ravenna, saranno vendute piccole sculture raffiguranti rondini in volo che lanceranno una raccolta fondi per la digitalizzazione di testi danteschi di inizio novecento, oggi di difficile consultazione. È il progetto “L’Arte Rigenera L’Arte”, finalizzato al recupero del patrimonio artistico nazionale, che in questa sede vuole riportare in auge la parola poetica.

Un libro non esiste se non viene letto e conferire nuova fruibilità a questi testi significa valorizzare la memoria di Dante e le virtù a lui associate. La rondine con il suo “folle volo” si fa portavoce di questa missione ridando energia vitale alla parola scritta e invitando la gente a fare parte non solo del progetto ma della stessa opera d’arte.

settembre 10, 2016

CAVE CANEM

Una scultura deve reggere all’aria aperta, nella natura libera – Joan Mirò

La fama di Rezzato per la lavorazione del marmo e della pietra ha origini millenarie. Immaginatevi una cava. Un luogo maestoso con imponenti pareti bianche alte fino a 200 metri e la forma di un immenso anfiteatro affacciato su un lago di acqua sorgiva. Questo è lo spettacolo che accoglie chi dalle strade che solcano la nostra pianura padana si dirige verso Cava Burgazzi, simbolo di queste terre e della loro caratteristica attività estrattiva.

Uno scenario suggestivo che a partire da oggi sarà posto sotto lo sguardo vigile e attento di un branco di lupi di plastica colorati: gialli, verdi e rossi andranno ad aggiungere note cromatiche alla lucentezza del lago, creando un’atmosfera magica e misteriosa dai connotati quasi onirici. A presiedere il gruppo, centro del fiero e immobile schieramento, ci sarà un lupo di marmo di Botticino, realizzato appositamente per l’occasione.

L’installazione si chiama “Cave Canem” ed è stata organizzata dal Consorzio dei Marmisti Bresciani con la curatela di Lillo Marciano. “Realtà naturale come il marmo e artificiale come la plastica” è il motivo conduttore che spiega la nostra scelta di proporre un evento Cracking Art in una bellissima cava dismessa della “via bresciana del marmo”, ha dichiarato Marciano. L’evento fa da cornice alla nascita di una nuova opera d’arte, il lupo di marmo, sintesi del confronto naturale/artificiale che sta alla base della filosofia Cracking Art.

Il marmo è infatti pietra naturale decorativa per eccellenza, in grado di sopravvivere alla fugacità del tempo. È la materia d’elezione dell’arte classica, dotata di un grandissimo valore estetico e di sobria ed elegante trascendenza. La plastica è invece il medium scelto da Cracking Art per le sue creazioni, è il materiale più caratteristico della contemporaneità ma ha in sé le radici di una storia che dura da millenni.

Mettere marmo e plastica a confronto significa creare un percorso ideale che faccia dialogare la scultura antica con la scultura contemporanea, come del resto è avvenuto spesso nel corso della storia del movimento. Non a caso infatti la voglia di realizzare questo lupo di marmo nasce anche da esperienze come le installazioni sulle guglie del Duomo di Milano o negli spazi della Reggia di Caserta che hanno visto classicità e modernità colmare le distanze che le separano.

Anche la scelta del lupo non è stata casuale. Il lupo, oltre a comunicare l’idea del branco e insieme della forza individuale, è il più classico e ieratico dello zoo colorato e l’idea di realizzarlo nasce proprio dall’intraprendenza bresciana che nel 2010 commissionò a Cracking Art un nuovo animale che potesse essere custode attento delle sue terre.

Durante il periodo dell’installazione – che si concluderà il 2 di ottobre – sarà possibile acquistare piccoli animali di plastica il cui ricavato sarà destinato alla Scuola delle Arti e della Formazione Professionale Rodolfo Vatini, l’istituto più antico della Lombardia che prepara i giovani alla lavorazione del marmo e perfeziona le già note capacità degli scalpellini rezzatesi.

È il progetto Cracking Art “L’Arte che rigenera l’Arte”, l’Arte del Presente a sostegno dell’Arte del Passato che per l’occasione diventerà Plastica a sostegno del Marmo.

settembre 3, 2016

Cracking Art e la poetica del fanciullino

“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi […] ma lagrime ancora e tripudi suoi” – Giovanni Pascoli

La realtà circostante è diventata quasi un’abitudine per noi adulti, così concentrati a vivere in una società dove non c’è più tempo per niente. Ma vi ricordate com’era il mondo quando eravamo piccoli?

Quando eravamo bambini il mondo era tutto una scoperta e le cose che adesso ci sembrano piccole e scontate erano fonte di immensa gioia e meraviglia. I bambini sono sensibili alla poesia delle cose, sanno entusiasmarsi e cogliere il bello nella semplicità. Da bambini potevamo stare per ore a giocare con un sassolino raccolto per strada o a guardare con gli occhi spalancati le figure di un libro, puntando il dito curioso a destra e a sinistra.

Camminare per le strade di una grande metropoli e imbattersi in una chiocciola fucsia gigante è un po’ come tornare a sentirsi così. Gli animali dello zoo Cracking Art, con i loro colori vivaci e le loro forme semplici e immediate, sono un’attrazione irresistibile per i più piccoli. Sono i personaggi delle storie che le mamme raccontano prima di andare a dormire, quelle fiabe incantate le cui origini si perdono nel mito e nella leggenda.

Incontrare un lupo all’ingresso di un parco o trovare un gruppo di ranocchie colorate in una fontana è come un prodigio. La fiaba è a portata di mano: posso toccarla, posso renderla un po’ più reale. Risiede qui infatti il valore pedagogico dell’arte: i bambini attraverso il contatto con le opere imparano a non limitare la loro immaginazione e si preparano a diventare degli adulti che cambiano la realtà e non la subiscono, trovando sempre un aspetto giocoso nella vita di tutti i giorni.

Sono molte quindi le zone di intersezione tra l’arte di Cracking e il mondo dell’infanzia, una caratteristica che ci rimanda subito all’arte di Miró. Anche Miró si lasciava ispirare dalle piccole cose: una macchia sul muro, un filo, un granello di polvere. Ma se Miró partiva dall’osservazione della realtà per poi estraniarsi e volare con la fantasia verso realtà parallele, Cracking Art riporta la fantasia nel quotidiano.

Da questo punto di vista quella di Cracking si conferma un’arte che non si pone su un piedistallo ma che è fatta per essere toccata e condivisa. Un’arte che piace ai piccoli ma anche agli adulti perché, come diceva Pascoli, esiste una voce in ciascuno di noi che si pone in contatto con la realtà più attraverso l’intuizione che il ragionamento, un fanciullino in grado di conoscere in modo più autentico ciò che lo circonda.

agosto 27, 2016

Rigeneramento Siena: il volo verso un futuro nuovo

Oggi vi raccontiamo la storia di “Rigeneramento Siena”, la spettacolare installazione che ha avuto luogo in una delle città più colte d’Italia, conosciuta in tutto il mondo per il suo strabiliante patrimonio storico e artistico.

Oltre che nelle meraviglie architettoniche e paesaggistiche, il fascino di Siena sta nel celebre Palio, la giostra equestre di origine medievale che si compete tra le diverse contrade che animano la città, ognuna con le sue caratteristiche, i suoi colori e le sue gloriose origini.

Una scelta scenografica significativa da parte del movimento Cracking Art che istituisce un rapporto molto forte tra la città e la sua arte rigenerante, fatta di sculture che, come gli emblemi delle contrade, ricordano personaggi mitici delle favole e fantastiche leggende.

Era l’autunno del 2015 quando i cittadini senesi inaugurarono a sorpresa questa iniziativa sfilando per i lastricati storici di Siena e portando sottobraccio rane, suricati, chiocciole e rondini. Un vero e proprio flash mob che ha riproposto la tradizione storica senese del corteo con uno spirito nuovo e che ha visto i cittadini promotori e realizzatori dell’opera d’arte stessa. I coloratissimi animaletti, dopo aver destato curiosità e attenzione per le vie del centro, sono stati “adottati” ed esposti nelle vetrine dei negozi della civitas medievale creando un dialogo tra arte contemporanea e città antica tutto da scoprire.

L’evento è stato fortemente voluto da un gruppo di cittadini che si è costituito nel comitato “Gioca con l’arte” e che in pochi giorni ha fatto diventare lo slogan di Cracking Art “L’Arte che rigenera l’Arte” contagioso e virale: il web e i social sono stati letteralmente invasi da selfie che testimoniano la presenza delle opere d’arte in città e la partecipazione dell’intera cittadinanza a questo esperimento di arte urbana.

Il progetto, accolto dal Comune di Siena nell’ambito delle iniziative per ‘Siena Capitale Italiana della Cultura’, ha inoltre previsto l’esposizione di 19 rondini giganti in spazi come la Fortezza Medicea e i Giardini de La Lizza e soprattutto in Piazza del Campo che, con la sua proverbiale forma di conchiglia, è uno dei luoghi più conosciuti al mondo.

Fra tutti gli animali dello zoo Cracking Art, la rondine, simbolo di libertà e messaggera di nuove primavere, non rappresenta nessuna delle contrade di Siena ma è protagonista di una canzone che tutti i contradaioli cantano. Un simbolo che unisce le storiche rivalità senesi e cha ha interpretato il desiderio di rigenerazione di una città che guarda al futuro partendo dal cuore di una grande storia. A suggello di questa iniziativa, la consegna di una mini scultura a forma di rondine a ciascuno dei priori delle 17 contrade: un augurio alla città affinché “voli” verso un nuovo periodo di splendore culturale.

Come sempre Cracking Art porta un’ondata di gioia e di rinascita e si conferma un modo colorato e davvero “di rottura” per ricordare che siamo tutti responsabili di quello che abbiamo ereditato e di quello che lasceremo alle future generazioni.

agosto 19, 2016

In una rana

La storia che vogliamo raccontarvi oggi è quella della rana, una delle opere Cracking Art più simboliche e ricche di significati.

La genesi di questa scultura è molto particolare: tutto iniziò nel febbraio del 2012 quando centinaia di rane e ranocchietti multicolore invasero Brera, centro storico e artistico milanese. L’installazione “Ranatemporanea” fu non solo un evento artistico sorprendente e originale ma un vero e proprio invito alla riflessione.

Di fronte a un momento di profonda crisi economica e culturale la necessità di cambiare le cose si fa urgente e l’immobilismo proprio e altrui diventa insopportabile. Anche la rana si stufa di stare ferma vicino allo stagno e allora comincia a gracchiare in modo diverso: da “cra cra” a “cracking cracking”. È così che la litania senza significato della ripetizione assume un nuovo valore e diventa un nuovo messaggio: “muoviamo le acque, cambiamo qualcosa” perché, come dice Aristofane nella celebre commedia teatrale, “se con tutto quello che abbiamo fatto va tutto male, forse cambiando tutto andrà meglio”.

La rana, come molte altre sculture del movimento, è anche connessa all’idea di Rigenerazione: passando da un’esistenza solamente acquatica a una anfibia, nella filosofia Cracking Art quest’opera diventa metafora di cambiamento, di metamorfosi e di connessione tra acqua e terra. Possiede inoltre un carattere magico e meraviglioso: come nelle favole, è il rospetto che tutte le fanciulle desiderano baciare per avere il proprio principe.

Un anno dopo la simbolica rivoluzione di “Ranatemporanea”, le rane furono protagoniste indiscusse della spettacolare installazione/performance “Piena di Rane”.

Nell’aprile del 2013, durante i giorni del Salone del Mobile, migliaia e migliaia di piccole rane vennero lanciate nelle acque del Naviglio di Milano. Fu un evento di grandissimo richiamo popolare e la prima partecipazione collettiva alla realizzazione di un’opera d’arte: tutto il pubblico fu coinvolto in prima persona, chiamato a esprimere un desiderio lanciando una rana nel Naviglio, così come si fa con le monete nelle fontane.

Una vera e propria esplosione di colore, un momento di gioco e di divertimento ma con uno scopo molto serio: la restaurazione di un monumento. Come era successo con le chiocciole azzurre sulle guglie del Duomo (le prime a farsi portavoce del progetto “Arte che rigenera l’Arte”), l’installazione fu accompagnata dalla donazione e dalla vendita di mini-sculture il cui ricavato venne devoluto per il recupero delle chiuse leonardesche della Conca dell’Incoronata in San Marco.

Una vera e propria esortazione a rendere le città più creative e attente al mantenimento della propria storia attraverso il gioco e la partecipazione di tutti.

agosto 7, 2016

Sogni di Plastica

a cura di Frantz Piva

Cracking Art si pone come il solo movimento di artisti che plasmano il più antico dei cicli terrestri, la vita, con la certezza di farsi assecondare dalla più moderna delle sue gemme sintetiche, la plastica. Il movimento utilizza la plastica perché viene ritenuta un frammento di vita: è il lattice dei suoi assemblaggi, gli artisti non hanno pregiudizi figurali, rendendo il bello e il brutto indistinti, non ha importanza il come, ma il perché del gesto. Nessuno demonizza la plastica però non è angelica, ha però il raro potere di essere insieme attraente e repulsiva.

L’obiettivo primario di Cracking Art è far capire che il petrolio non è “cattivo”, ma è memoria; tanto profonda quanto lo è la creazione dell’universo, conservatrice di tutti gli organismi vegetali e naturali. Il petrolio come cultura fondamentale della vita, il custode di ciò che è stato vivo, ma non rinnovabile; la plastica conserva tutte queste caratteristiche, quindi non è dannosa, dipende ovviamente dagli usi che se ne fa. Interessante quindi capire come e perché i Crackers usano la plastica, materiale tra i più inquinanti e meno degradabili, come materiale d’elezione cercando di far capire che può essere considerato un materiale “buono”.

[…]

La scelta della plastica, come materiale preferito, per tentare di risolvere le problematiche del mondo, non è casuale: considerata uno dei materiali più inquinanti, l’obiettivo dei Crackers è quello di mostrare come sia possibile riciclare e nobilitare un materiale ritenuto dannoso.  L’idea di riciclare un materiale come la plastica, non va solo intesa come azione ecologica, ma anche concezione artistica, infatti si lega a questo discorso un rapporto di effemerità molto importante. Tutte le opere della Cracking non sono eterne, ma installazioni temporanee.

Il discorso ecologico, molto radicato nell’ideologia Cracking non va  interpretato in senso stretto, non si tratta solo di stimolare il rispetto verso la natura, ma anche dell’uomo stesso. Gli artisti di Cracking dimostrano, non solo che questo è possibile, ma che può anche essere divertente; perché impegnandosi in una “missione” seria, ci si può anche rendere conto che la via dell’ironia, può essere praticata e può essere molto redditizia a livello di immagine e di creazione artistica.FRANTZ PIVA

agosto 4, 2016

Giocare è una cosa seria

Le opere Cracking Art hanno lo scopo di far luce sulle cose di cui ci circondiamo, hanno la funzione di mostrarci, tramite l’esasperazione, che ormai non ci accorgiamo più di nulla a causa della letargia emotiva che porta a dare per scontato qualunque cosa.

Quello di Cracking Art non è un gioco fine a se stesso ma è la denuncia di una mente fantasiosa contro l’apatia percettiva. Si spiega così la presenza dei suricati, dei lupi, delle chiocciole giganti e di tutti gli animali del loro caleidoscopico bestiario.

A volte, il processo di recupero della coscienza non avviene tramite l’ostentazione di un modus vivendi ormai palese, perché ci sono casi in cui è necessario staccarsi da tutto e, tramite l’allontanamento, recuperare ciò che era nascosto o latente. È un percorso interiore che prevede un viaggio a ritroso, in una dimensione primordiale in cui manca quasi tutto tranne il tempo per pensare.

Nascono così le installazioni. Più che opera in senso stretto, banco di prova per l’uomo contemporaneo, digiuno di solitudine e purezza mentale.

Le loro installazioni non vanno confuse con interventi di Land Art; non si tratta di dimostrare che l’intervento dell’uomo sull’ambiente può avere persino valenza estetica, ma di recuperare il proprio sapere. L’elemento di contrasto è volutamente forte, per meglio comunicare come la natura si è dovuta sottoporre a continue incursioni. E’ la dimostrazione che ci può essere una via mediana, riconsiderando la nostra posizione all’interno del ciclo vitale.

È un’opera ironica, da visitare. E se i Cracking scelgono l’ironia e gli approcci curiosi è perché, anche durante percorso di crescita è meglio divertirsi.

luglio 23, 2016

E l’Arte fu

a cura di Tommaso Trini, 1993

Chi può dire che non sia stata la Natura stessa a proporre un’estetica catalitica? Cracking Art si pone come il primo movimento di artisti che plasmano il più antico dei cicli terrestri, la vita organica, con la certezza di farsi assecondare dalla più moderna delle sue gemme sintetiche, la plastica. Lo si direbbe un versetto aggiunto alla genesi, se non fosse coniugato al futuro. Il gruppo di Cracking Art ha il merito di rendere biblico il futuro dopo avere resa la genesi contemporanea a noi. Adesso capisco perché il loro manifesto evita l’articolo davanti al nome: la Cracking Art sarebbe indice di una corrente artistica, di un’ennesima tendenza; come logo, invece, Cracking Art è un’azione, magari un gesto di imperio del tipo “e la luce fu”: e l’arte fu.

Al di là della geologia e della storia (come dire, la madre terra e le fatiche umane, l’ordine strutturale e il libero arbitrio esistenziale), Cracking Art esplora i loro reciproci scambi materiologici per ricavarne anche, fra l’altro, un’idea diversa di forma, una nuova forma. Come movimento, sta già contribuendo all’evoluzione linguistica, io credo. Sicché non mi attarderei a considerare se, dopo la “ricostruzione dell’universo” pretesa dal futurismo, gli artisti “Cracking” non stiano per caso riattandola nel senso di una “rigenerazione dell’universo”. Se così fosse, ben venga; ne abbiamo un dannato bisogno. No, conviene piuttosto osservare come essi manipolano l’annosa dialettica tra il naturale e l’artificiale, tra le cose e i nomi. E affascinante come navigano su tale precipizio con le loro navicelle di plastica. Mi piace nuotare in quel tema, in quel gorgo. TOMMASO TRINI

luglio 16, 2016

In una rondine

La rondine è uno degli ultimi arrivi allo zoo di animali colorati Cracking Art: che significato esprime nella filosofia del movimento?

L’idea di realizzare quest’opera è nata non a caso nella primavera del 2014 e ha avuto origine dall’esigenza di creare un nuovo animale che potesse essere simbolo di Rigenerazione ponendosi così in continuità con la genesi della chiocciola e con le idee che da sempre animano il movimento.

Nell’immaginario collettivo la rondine è infatti associata al risveglio della natura e alle idee di rinascita e di nuovo ciclo. Un aspetto particolare di questo animale è la sua propensione a costruire il nido sotto i tetti delle case abitate, il che stabilisce un rapporto di connessione diretta con l’essere umano e con la dimensione domestica ma non incide sulla sua natura selvatica. Infatti, pur vivendo a contatto con l’uomo, la rondine conserva la sua libertà e un atteggiamento circospetto: non si appoggia mai al suolo ma preferisce mantenersi a distanza. Da questo punto di vista è stata significativa la scelta di rappresentare la creatura a terra e non in volo: una grande rondine che con aspetto sereno e fiducioso supera le diffidenze e stabilisce un rapporto spontaneo e giocoso con gli esseri umani. Inoltre la rondine è un animale migratore che nel corso del tempo si è caricato di credenze popolari e di tradizioni culturali differenti diventando simbolo di confronto e interscambio di storie e di idee.

La prima installazione Cracking Art che ha visto la rondine esordire come protagonista è stata realizzata al Castello Sforzesco di Milano durante il periodo del Salone del Mobile nel 2014: un’esposizione artistica che accanto a uno stormo di rondini giganti colorate ha previsto una raccolta fondi promossa insieme alla Fondazione Italia Nostra. L’operazione “Deponi un uovo, fai rinascere un monumento” ha dato la possibilità al pubblico di contribuire alla rigenerazione del monumento equestre di Bernabò Visconti collocato all’ingresso del Museo Civico del Castello: in cambio di una donazione e della firma di un uovo di plastica, veniva regalata una scultura di rondine in piccolo formato.

In questo modo Cracking Art ha reso la rondine non soltanto metafora di rigenerazione per la natura ma anche simbolo di rinascita per il contesto urbano e per il patrimonio artistico monumentale.

luglio 9, 2016

Cracking Art Xintiandi

“Nuovo Mondo”. Questo è il significato figurato di Xintiandi, che letteralmente significa “Nuovo Paradiso e Nuova Terra”.

E un nuovo mondo si apre per Cracking Art, che per la prima volta realizza una installazione nello stato più popoloso del mondo, ricco di una storia millenaria e di una cultura che ha influenzato ed è ancora oggi determinante per il mondo intero.

Una grande avventura che non a caso parte da Shanghai: maggior porto della Cina e quindi varco d’accesso privilegiato per tutto il paese, è la città con il maggior numero di abitanti.

La città più popolosa al mondo nella nazione più popolosa al mondo: un vero simbolo per Cracking Art, con le  sue opere pensate per avere una interazione diretta con la gente.

E nemmeno la scelta del luogo dove esporre è casuale perché il quartiere di Xintiandi, che con il suo nome evoca infatti l’avvio di un nuovo percorso, e una realtà assai particolare all’interno della città. Qui le architetture contemporanee si affiancano ad edifici ricostruiti secondo i canoni tradizionali della metà del XIX Secolo, creando quindi un continuo richiamo tra passato e presente, tema  centrale per la filosofia di intima di Cracking Art.

La scelta del luogo e la disposizione delle opere, in modo che siano totalmente  fruibili dalle persone, dai più grandi ai più piccoli,  sono elemento fondante della prassi creativa delle installazioni Cracking Art.

Qui a Shanghai Xintiandi gli elementi fondanti hanno caratteristiche forti e profonde. Non ci rimane che attendere per sapere come verranno accolte, quali sensazioni riusciranno a trasmettere.

Perché le opere Cracking, nella loro posizione di osservatori curiosi, vivono e si completano con il contatto diretto con le persone, che animano gli animali completando il vero significato dell’opera e rendendolo quindi un capolavoro.

luglio 2, 2016

Rigeneriamo Calais!

Oltre a Cleveland e alla Reggia di Caserta quest’estate potrete trovare le sculture Cracking Art anche in Francia! Lo zoo colorato invaderà infatti la città di Calais dal 2 luglio al 9 settembre tracciando un vero e proprio percorso artistico a cielo aperto che coinvolgerà alcuni tra i luoghi più caratteristici della città: il Grand Théâtre, la Place de l’Hôtel de Ville, la Place d’Armes, la Tour du Guet, la Plage e il centro.

Sono più di 250 le opere disseminate per le strade di Calais: un omaggio colorato ai cittadini e ai turisti attraverso una forma d’arte urbana che associa la creatività a un carattere ludico e giocoso capace di sedurre grandi e bambini. Chiocciole, suricati, pesci tropicali e rondini sembrano moltiplicarsi e interagire attraverso pacifica ironia con l’architettura e l’atmosfera di Calais portando un’ondata di Rigenerazione.

L’installazione artistica si inserisce infatti all’interno del progetto “Cracking Art – L’Arte che rigenera L’Arte” che consiste nella messa a disposizione di un numero di opere per promuovere raccolte fondi a favore della conservazione e della valorizzazione del patrimonio artistico nazionale, nonché al finanziamento di progetti con finalità culturali.

Proprio per questo Cracking Art ha donato 500 mini-sculture a forma di rondine, riproduzione di quelle più grandi utilizzate nell’installazione, che verranno vendute durante il periodo dell’installazione al prezzo speciale di 20€. Il ricavato di tale vendita verrà utilizzato per il restauro e il mantenimento della chiesa Notre-Dame de Calais.

giugno 25, 2016

Rigeneramento Reggia

Da Mercoledì 22 Giugno, lo zoo di animali giganti di Cracking Art colora la Reggia di Caserta, uno dei simboli che più rappresenta il nostro Paese, inserito nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco.

L’Arte Contemporanea di Cracking Art sarà protagonista nel maestoso complesso monumentale, esteso su circa quarantaquattromila metri quadrati, per tutta l’estate 2016. Grazie a questa iniziativa, la Reggia di Caserta è stata arricchita da oltre 50 opere d’Arte di plastica riciclabile e rigenerata, raffiguranti lupi, rane, chiocciole, suricati e rondini. Le opere sono state collocate all’ingresso principale e lungo la galleria, il cosiddetto “Cannocchiale”, che collega all’asse centrale del Parco.

A sancire l’inaugurazione dell’installazione è stato il gioco del lancio della rana nella Fontana dei Delfini: la rana è un’opera che simboleggia metamorfosi e trasformazione e il lancio nella fontana ha voluto essere un momento di buon auspicio per continuare la rigenerazione della Reggia.

Il concetto di Rigenerazione anima la storia artistica del movimento da più di vent’anni ed è legato al progetto Cracking Art “L’Arte che rigenera l’Arte” che consiste nella messa a disposizione di un numero di opere per promuovere raccolte fondi a favore della conservazione e della valorizzazione del patrimonio artistico nazionale, nonché al finanziamento di progetti con finalità culturali.

Proprio per questo durante il periodo della mostra sarà possibile acquistare presso la biglietteria della Reggia una mini-scultura “Rana”, riproduzione di quelle più grandi utilizzate nell’installazione, al prezzo speciale di 10€. Il ricavato di tale vendita verrà utilizzato per il restauro e il mantenimento delle fontane del Parco.

Prima di salire alla peschiera per il lancio c’è stato un momento di incontro con la stampa durante il quale il direttore Felicori ha sottolineato: “Siamo ben felici di ospitare quest’altra bella iniziativa. Questo è un progetto che ci piace perché sta nel discorso dell’arte contemporanea ma ha anche la capacità di dialogare con il pubblico”.

Gli animali colorati Cracking Art riescono dunque a entrare con pacifica ironia negli ambienti più sacri e inviolabili dell’arte monumentale rigenerandoli ed è proprio in questa ironia che risiede la forza di tutto il progetto.

giugno 18, 2016

United (States) Colors of Cracking Art

Dopo Miami e Central Park, lo zoo di animali giganti di Cracking Art colora nuovamente gli Stati Uniti d’America attraverso due significative installazioni di arte contemporanea: la prima presso il Palazzo delle Nazioni Unite di New York, la seconda presso la città di Cleveland in Ohio.

L’Arte di Cracking Art sarà esposta presso il Palazzo delle Nazioni Unite fino al 4 di Luglio a sostegno del progetto Unite4Heritage: un’iniziativa patrocinata dall’UNESCO che intende celebrare e tutelare il patrimonio artistico mondiale. L’idea di fondo è intimamente connessa con quella che anima il progetto “l’Arte che Rigenera l’Arte” di Cracking Art: l’arte contemporanea può sostenere quella del passato promuovendo azioni concrete per il recupero dei monumenti.

Allo stesso tempo circa 400 opere raffiguranti lupi, rane, chiocciole, suricati e rondini – pensate per un contatto reale con il pubblico – porteranno un’ondata di allegria e di Rigenerazione alla città di Cleveland, che si prepara a ospitare la Convention del Partito Repubblicano. Il concetto di Rigenerazione anima la storia artistica del movimento da più di vent’anni: la plastica di cui sono fatte le sculture è infatti rigenerabile, è materia dotata della proprietà virtualmente eterna di poter essere triturata e rimodellata in altre sculture.

Le opere attualmente collocate presso il Great Lakes Science Center e la Public Library, si sposteranno in un secondo momento presso il quartiere dei palazzi municipali e governativi, nonché presso la nuova Public Square dove resteranno fino a Novembre 2016.

giugno 11, 2016

Once upon a time the magical value of Cracking Art

Someday you will be old enough to start reading fairy tales again – C.S. Lewis

Fin da bambini le favole hanno segnato profondamente il nostro immaginario collettivo: chi di noi non è rimasto incantato con la bocca semi aperta e gli occhioni spalancati ascoltando quelle fantastiche storie di mistero che incominciavano con “C’era una volta?”. Da sempre le favole hanno il dono di rapire il pensiero per farlo viaggiare in mondi lontani popolati da personaggi straordinari ma le cose oggigiorno cambiano velocemente e in un mondo in cui l’immagine prevale viene da chiedersi: Cenerentola e il Principe Azzurro, Biancaneve e i Sette Nani, il Gatto con gli stivali e Pollicino esistono ancora?

Il nostro tempo non ha perduto il gusto della favola ma ne ha esaltato lo straordinario valore simbolico ed educativo e uno degli aspetti più caratteristici della filosofia Cracking Art sta proprio in questo: le sculture rappresentano il mondo animale che rimanda immediatamente ai protagonisti delle favole di Esopo, di Fedro, dei Fratelli Grimm fino ad arrivare alle storie dei più attuali cartoni animati. Sono presenze semplici e colorate, icone di favole contemporanee in grado di sviluppare capacità di associazione immediata: chi di noi non si è sentito un po’ come Cappuccetto Rosso trovandosi di fronte al lupo o come Alice nel paese delle meraviglie con i conigli? E quanti non hanno sperato di trovare il principe azzurro immaginando di baciare la rana?

Come le favole anche le opere Cracking Art hanno qualcosa di magico: accendono la fantasia e l’immaginazione trasportandoci in un mondo di meraviglie in cui tutto è possibile e in cui l’esperienza e il sogno si coniugano con la capacità di far emergere la creatività innata in ciascuno di noi. E se le opere si inseriscono in un contesto urbano questo assume un valore ancora maggiore: si rompe con la frenesia e la monotonia del divenire quotidiano per tornare tutti un po’ bambini.

giugno 4, 2016

Cracking Arte di Rottura

a cura di Piero Adorno e Claude Lorent (Edizione Mazzotta 2007)

Ciò che è comune a tutti gli artisti della Cracking Art è indistruttibile ottimismo trasmesso dalle loro opere e dalle loro installazioni. Questa dimensione alla quale tutto concorre: colore, materiali, soggetti….fa oscillare il campo dell’arte in un registro poco comune, senza dubbio perché si oppone a un pessimismo ambientale, a un disfattismo di fronte alle dure realtà del mondo attuale. Per fortuna questa opzione non sminuisce il proposito critico che è alla base del loro pensiero, per quanto sia fantastica, colorata, vivace, come in una continua effervescenza del piacere di esistere.

L’uso della plastica come materia e supporto si riferisce, insistono gli artisti con ragione, a un elemento di base naturale come il petrolio che, opportunamente trattato, viene trasformato in questo materiale con un processo chiamato “cracking”, da cui deriva il nome del gruppo. Questa materia, prima solidificata sotto forma di granuli, subisce una seconda mutazione con il processo creativo messo a punto dagli artisti stessi e dal loro gesto artistico, così questa fonte di energia bramata da tutto il pianeta diventa plastica nei due sensi del termine: in quanto materia da una parte, e in quanto fonte e concretizzazione estetica dall’altra.

Non si tratta di un semplice gioco di parole, ma di una realtà concretizzata nelle opere poiché in esse nessuna distinzione e possibile tra l’oggetto e il supporto, in quanto i due elementi formano generalmente una cosa sola. L’energia viene così trasferita e prosegue la sua azione attraverso forme, volumi e immagini che continueranno a diffonderla poiché il tutto è ormai quasi imputrescibile.

Lavorando con materiali di recupero o con residui industriali gli artisti della Cracking praticano la salvaguardia e il riciclaggio arrivando talvolta a raccogliere bottiglie usate e altri scarti consimili per realizzare installazioni urbane. Questa preoccupazione ecologica potrebbe sembrare paradossale per l’uso stesso della plastica, se non si tenesse conto di tale riciclaggio per creare opere plastiche perenni. Come implicito, è la loro stessa pratica ha offrire questo carattere di protezione e difesa per quanto riguarda il futuro del pianeta, le tematiche affrontate, dal mondo dell’uomo a frutti, fiori e animali, privilegiando tutto ciò che è naturale vivente tutto ciò che suggerisce anche, con la ricca scenografia e l’aspetto gioioso, luminoso, con la dinamica del movimento, il senso di star bene al mondo e con il mondo. C.LORENT

maggio 28, 2016

In una chiocciola

Every Generation needs Regeneration – Charles H. Spurgeon

La chiocciola è uno degli animali più esemplificativi della filosofia Cracking Art. Ma come nasce quest’opera e che significati esprime?

Era il 31 marzo del 2008 quando Milano si aggiudicò l’organizzazione di Expo 2015 impegnandosi a dare un contributo attivo alla crescita del Paese e diventando la prima ambasciatrice dell’Italia nel mondo. Milano si apprestava dunque a vivere una vera e propria rivoluzione intraprendendo un percorso di rinascita e profondo rinnovamento.

Da questi presupposti nacquero prima l’idea di creare una nuova opera, testimonial non ufficiale della mission milanese, e poco dopo, nell’autunno del 2009, la realizzazione di dodici chiocciole giganti che con la potenza pop della loro superficie fucsia invasero il centro della città: un invito a rigenerare la dimensione urbana attraverso la consapevolezza di nuove energie.

Ed è proprio il concetto di Rigenerazione che ha ispirato la scelta della chiocciola perché la bava che rilascia durante il suo cammino possiede la capacità di rendere nuovamente vitale e fecondo ciò che viene a contatto con essa. La chiocciola è anche il simbolo del nostro tempo: con le sue antenne dritte allude alla comunicazione wi-fi e in Italia è diventata il segno distintivo delle e-mail e dello scambio istantaneo nella rete. La spirale del suo guscio da un lato ricorda l’organo dell’udito e quindi suggerisce la capacità di ascolto, dall’altro esprime il movimento verso l’alto che regola l’universo. È inoltre un animale legato alla terra e con la sua casa rappresenta un modello di semplicità a cui aspirare per riappropriarsi della qualità della vita, troppo spesso scandita da un ritmo frenetico e alienante. Una guida verso l’evoluzione e il progressivo miglioramento, procedendo verso una ripresa sia etica che economica in assoluta continuità con la tematica “nutrire il pianeta, energia per la vita”.

Dal centro di Milano le chiocciole si sono poi messe in cammino e hanno compiuto un lungo viaggio che le ha portate a Treviso e Rimini nel 2010, a Istanbul e a Miami nel 2011, in Australia – a Sydney e a Melboune – nel 2013 per poi colorare Central Park, invadere con pacifica ironia la città di Riga, Capitale Europea della Cultura nel 2014, e tornare in tempo a Milano per l’inaugurazione della Nuova Darsena in occasione di Expo.

Tuttavia il viaggio non si è esaurito qui e le chiocciole continuano ancora oggi a portare il loro messaggio nel mondo: rompere il grigio della struttura urbana trasmettendo empatia e partecipazione nel tentativo di rendere le città sempre più simili a prati colorati.

maggio 21, 2016

Cracking Art: l’Arte che rigenera l’Arte

The arts are encroaching one upon another, and from a proper use of this encroachment will rise the art that is truly monumentalWassily Kandinsky

Partiamo da una domanda preliminare: perché quando parliamo di Cracking Art parliamo di Arte rigenerante?

Il concetto di Rigenerazione anima la storia artistica del movimento da più di vent’anni: la plastica di cui sono fatte le sculture è infatti rigenerabile, è materia dotata della proprietà virtualmente eterna di poter essere triturata e rimodellata in altre sculture.

Questo processo rigenerativo, metafora del ciclo vitale, era in origine legato soprattutto alla tutela dell’Ambiente. Progressivamente, attraverso il progetto “L’Arte Rigenera l’Arte”, si è passati al servizio della tutela del Paesaggio: una categoria estetica ed etica più ampia, comprensiva della creatività dell’uomo, oltre che di quella della natura.

In che modo? “L’Arte Rigenera l’Arte” è l’arte contemporanea che sostiene l’arte del passato: un programma di intervento sistematico sul patrimonio artistico e monumentale, fondato sull’idea che l’arte contemporanea può salvare quella antica promuovendo azioni concrete per il recupero dei monumenti.

Le prime a farsi portavoce del progetto sono state le chiocciole: nell’ ottobre del 2012 cinquanta sculture azzurre di plastica rigenerata sono salite tra i pinnacoli gotici del Duomo di Milano in soccorso della Madonnina e della guglia Maggiore. Poi – e solo per citare alcune delle iniziative – sono arrivate le rane per il Portico di San Luca a Bologna; le rondini prima nei cortili del Castello Sforzesco e dopo nel centro storico di Siena; le installazioni a Palmanova, ai Giardini storici di Valsanzibio e in ultimo a Palazzo Niemeyer, sede del Gruppo Mondadori.

Gli animali colorati Cracking Art riescono dunque a entrare con pacifica ironia negli ambienti più sacri e inviolabili dell’arte monumentale rigenerandoli ed è proprio in questa ironia che risiede la forza di tutto il progetto.

maggio 14, 2016

Il fattore social di Cracking Art

It would, of course, be wrong to say that the arts have no social value. They have tremendous power and can often, indirectly, make our world a better place to live in.- Munira Mirza

Chi si occupa di comunicazione oggi sa che parlare di social engagement significa parlare di una vera e propria relazione. Ma ha senso parlare di social engagement per il mondo dell’arte? Anche nella sfera artistica si è ormai affermata la tendenza a creare opere che siano prima di tutto interattive, opere che oltre a generare un forte coinvolgimento emotivo siano in grado di instaurare un rapporto con chi ne fruisce.

È dal 1993 che il movimento Cracking Art opera in Italia e all’estero realizzando installazioni che hanno lo scopo di dare origine a una doppia interazione: con il tessuto sociale e con il territorio. Si tratta di un concetto di opera d’arte che supera quello di musealizzazione e che mira a far uscire la creatività dalle sale espositive per metterla direttamente a contatto con le persone e con la struttura della città.

Le installazioni Cracking Art sono infatti conosciute come presenze semplici e immediate ma allo stesso tempo portatrici di un alto valore di audience e di empatia. Sono invasioni giocose, icone di favole contemporanee e per questo accolte con favore dalla gente di ogni età che non resiste alla tentazione di toccarle e di abbracciarle per scattare una foto da condividere sui social. Con i loro colori brillanti e dimensioni esasperate, suricati, lupi, chiocciole giganti e tutti gli altri animali generano performances di forte impatto visivo che facendo sentire lo spettatore parte attiva del gioco denunciano l’apatia percettiva dei tempi moderni.

Non solo il pubblico non è più semplice spettatore ma viene stimolato a vedere gli stessi posti diversamente e a rivalutarli: le sculture Cracking Art riescono a penetrare e ad adattarsi con pacifica ironia in qualsiasi tipo di ambiente e grazie a questa loro caratteristica il luogo non viene più percepito come una location statica ma costantemente trasformato dalle persone e dalle storie che lo attraversano. Perché in fondo, in ultima analisi, l’opera d’arte appartiene al pubblico e per questo è sempre aperta a nuovi sensi, a nuovi sguardi e a nuovi gesti: pronti per uno snailfie tutti insieme?

aprile 21, 2015

FAQ – Frequently Asked Questions

 

  1. Cracking Art è un movimento nato nei primi anni ’90. Come è successo in quegli anni? Come erano i vostri primi lavori?

Per capire meglio la situazione e il momento, collocherei la nascita del movimento non tanto nei primi anni ’90 ma alla fine del millennio. Questo è il pensiero che ci ha guidati. Saremmo stati testimoni del passaggio dagli anni 1000 agli anni 2000, con tutte le paure, le insicurezze ma anche le speranze e le prospettive che si andavano delineando. Rappresentare questo passaggio, questa rottura con un segno che portasse dentro di sè la storia e il futuro del pianeta.

Le prime installazioni erano improntate ad un senso di allarme, di tensione. Gabbiani intrappolati in filo spinato, grandi scritte SOS realizzate con ossa di plastica o fiori artificiali. La consapevolezza dell’avvento di un mondo sempre più artificiale ci spingeva ad essere critici e diffidenti, anche se la parte ironica non è mai mancata. Organizzavamo feste in cui, su grandi tavoli, mischiavamo cibi veri e cibi di plastica per creare divertimento e confusione.

 

  1. Perchè chiamate le vostre installazioni “Invasioni”?

Il termine “invasioni” deriva dalla caratteristica dei prodotti in plastica, che essendo producibili in grandissime quantità, creano un effetto di vera e propria occupazione degli spazi. Pensiamo alle buste della spesa o alle microplastiche che creano continenti sottomarini. Inoltre la plastica viene utilizzata anche in medicina, come protesi da inserire nel corpo umano, invadendo di fatto sia l’ambiente che il singolo essere umano.

Da qui l’utilizzo di questo termine, che vuole anche fare un riferimento all’esplosione demografica di questi ultimi decenni e agli squilibri che ciò comporta. La sensazione di essere invasi è oramai molto diffusa e su argomenti completamente diversi: immagini, informazioni, tecnologia, prodotti, esseri umani. Le campagne si svuotano e le città diventano metropoli in cui ci si sente assediati.

Il nostro desiderio è dare a questo termine una connotazione positiva, di opportunità e collaborazione.

 

 

  1. Negli anni che hanno preceduto fotografie con cellulari e condivisione tramite I social media, come avete documentato e condiviso le vostre opere?

La scelta di fare arte in spazi pubblici è stato il nostro modo iniziale di condividere; abbiamo sentito fin da subito l’esigenza di fare arte partecipata e di andare direttamente dalle persone, nei loro luoghi, nelle loro case. E di installazioni ne abbiamo fatte davvero tante in questi anni: più di 400.

Il metodo di documentazione non è sostanzialmente cambiato. Si tratta sempre di fare scatti fotografici e riprese video. Per comunicare e divulgare la nostra attività ci si affidava a comunicati stampa, alla realizzazione di cataloghi e libri. Ci si affidava alla carta e al passaparola di chi vedeva le nostre opere nelle città.

 

 

  1. Ci dite qualcosa a proposito della realizzazione delle vostre sculture? Da dove arriva il materiale plastico che utilizzate?

Per realizzare le nostre opere utilizziamo tecniche industriali: stampaggio rotazionale o a soffiaggio. Realizziamo manualmente il primo prototipo dal quale viene poi ottenuto lo stampo adatto a questi sistemi di produzione. Ci interessano questo tipo di sistemi di produzione perché permettono la realizzazione di grandi opere e di grandi numeri ma con un impiego di materiale davvero esiguo rispetto all’effetto scenografico finale, essendo all’interno cave.

Amiamo la possibilità di riutilizzare molte volte la stessa plastica, infatti dopo qualche utilizzo nelle nostre installazioni, le opere vengono triturate e la plastica ottenuta viene rigenerata e utilizzata per realizzare nuove opere. Un riutilizzo a circolo chiuso, controllato e continuo. Il materiale viene quindi reperito da fornitori esterni per una percentuale di plastiche nuove e autoprodotto per quanto riguarda la parte riutilizzata.

L’interesse per questo sistema, oltre che partire da una ricerca di soluzioni ecologicamente sostenibili, deriva dal pensiero filosofico dell’universo infinito, in cui infinito sta ad indicare una vita che continuamente si rigenera e muta.

 

 

  1. Avete realizzato installazioni in luoghi spettacolari sparsi per tutto il mondo. Come progettate le vostre invasioni? Adottate soluzioni particolari per ogni luogo?

Partendo da una unità stilistica che è riscontrabile in tutte le nostre installazioni, quando affrontiamo nuovi progetti cerchiamo sempre le tipicità e le caratteristiche di quel luogo e quindi affrontarli con una unicità che deriva dall’incontro degli spazi e dei loro visitatori, ovvero le nostre opere. Cerchiamo i luoghi più adatti ad ospitare le sculture, scegliamo l’opera e il colore da collocare in base all’architettura o al paesaggio circostante e in base al risultato che vogliamo ottenere. Armonia o rottura, intrusione o mimetismo. Abbiamo a disposizione molte alternative.

Ogni luogo è diverso e quindi per noi risulta ancora oggi, dopo tante installazioni fatte e luoghi visitati, un modo per scoprire e farci scoprire.

 

  1. Per quanto tempo durano le vostre installazioni? Qualcuna è permanente?

La durata media delle nostre installazioni è di due mesi, ma non esiste una regola definite. Dipende dai luoghi e dl tipo di installazione. Ci sono state occasioni in cui le nostre opere sono state esposte per soli tre giorni, come partecipazioni ad eventi o festival, fino ad arrivare a permanenze di oltre un anno, come a Cleveland o Dubai. Ci sono anche esempi di installazioni permanenti: a Praga al Kampa Museum, in spazi pubblici in Italia o al Children Museum di Miami.

Una installazione permanente molto curiosa si trova in Belgio: una chiocciola gigante e due medie che si arrampicano sulla parete di un grattacielo!

 

    7.  Potete spiegare perchè avete scelto gli animali come vostro soggetto?

L’animale è stato, fin dalla preistoria, il primo riferimento di confronto con la natura. Uomo e animale sono entrambi esseri animati, ovvero dotati di funzioni vitali e movimento. Più difficile, quasi impossibile, immedesimarsi in un vegetale. Anch’esso dotato di funzioni vitali, ma apparentemente immobile.

Nel tempo all’animale sono stati attribuiti poteri, messaggi, caratteristiche che potevano essere utili all’uomo per capire e immaginare l’universo.

Allo stesso modo noi usiamo questa tradizione culturale millenaria per renderli messaggeri di pensieri adeguati alla nostra contemporaneità. Ogni rappresentazione di una nuova opera viene quindi valutata in base al compito di messaggero che gli si vuole affidare.

 

  1. Che tipo di reazione sperate di ottenere dalle persone che vedono le vostre installazioni? In che modo l’Arte può essere veicolo di cambiamento sociale ed ambientale?

Prima di tutto il nostro desiderio è quello di generare quello stupore che sia in grado di far emergere in ognuno una sensazione di piacere e felicità. Abbiamo scelto gli spazi urbani piuttosto che i luoghi espressamente dedicati all’arte, vogliamo attivare emozioni inaspettate, facendo vivere i luoghi con una modalità che esuli dalla routine quotidiana e permetta quindi di far nascere una riflessione sul luogo visto con occhi nuovi.

Ci auguriamo che questa scintilla, da questa esperienza, sia l’occasione per attivare pensieri ed idee nuove. In questo l’arte può essere veicolo di cambiamento, in tutti i campi delle attività umane. Arte come attivatore, ovvero sostanza in grado di innescare una reazione oppure di rendere più attivo o di rigenerare il catalizzatore (e per catalizzatore ci riferiamo ad ogni singola persona), di una reazione.